Cari amici,
davanti a questa orribile guerra in Ucraina, è forse il caso di ricordare le parole con cui papa Francesco ci invitava un paio d’anni fa a far fronte alla pandemia: “peggio di questa crisi c’è solo il fatto di sprecarla”! Ma allora come viverla? E che significa “vivere” una situazione in cui si assiste impotenti ad una ferocia inaudita che non risparmia città e civili innocenti? In queste ultimi giorni poi si sono aggiunte reali avvisaglie di guerra mondiale.
Fallita finora ogni via d’uscita sul piano diplomatico, non è affatto ingenuo né fuorviante ricorrere ad un “tipo di diplomazia” che nulla ha a che fare con quella tentata finora da turchi, israeliani e dalla Santa Sede.
La stessa preghiera e il digiuno sono parte della possibile soluzione del conflitto ma non sono la soluzione. Sarebbe ridicolo infatti pensare che Dio possa risolvere i nostri problemi: l’immagine di un Dio tappabuchi non ci riguarda.
E poi la “libertà” Lui non la tocca – tanto meno “deve” (semmai “può”) toccare il “cuore” dei responsabili coinvolti nel conflitto. In questa direzione va un recente Tweet di papa Francesco: «Preghiera carità e digiuno non sono medicine solo per noi, ma per tutti: possono infatti cambiare la storia, perché sono le vie principali che permettono a Dio di intervenire nella vita nostra e del mondo. Sono le armi dello Spirito!».
La prima chiarezza da fare è quella di prendere consapevolezza che dobbiamo assumerci questa “guerra” (altro che operazione speciale!) come una situazione che ci riguarda in prima persona, direttamente. Sull’eterno vizio di schierarsi a cui nessuno di noi è immune, deve prevalere “una posizione umana” che nell’invasione criminale di Putin identifichi, prima ancora che un evento politico-militare, un fatto di natura morale, un “male” senza misura e senza alcuna giustificazione!
Putin è un poveraccio ma è un problema… “nostro”! Il che non autorizza né all’acquiescenza, come vorrebbero i pacifisti che caldeggiano la resa dell’Ucraina (da respingere anche se la stessa Ucraina per assurdo fosse favorevole), né allo “scivolamento” progressivo, come già nel ’39 con Hitler, in una escalation verso una guerra mondiale.
Al riguardo non ci sono le condizioni storiche per istituire un paragone tra l’escalation hitleriana e questa putiniana. Ma c’è un’analogia per lo scivolamento in un contesto conflittuale tra blocchi mondiali contrapposti. Così come c’è un analogo senso di impotenza, per un aggressore a cui si contrappongono una serie di nazioni che non hanno alcuna intenzione di lasciar correre – e le annessioni della Crimea e del Donbass, sono atti di una provocazione e sopraffazione che ci umiliano tutti.
Occorre il realismo “diplomatico” del pregare e dello sperare cristiano. Mi spiego. Non l’atto squisitamente religioso del pregare come fuga, ma come giudizio aperto a ogni mezzo pensabile e possibile, “creativo” come ha dichiarato il Papa.
Un giudizio quindi che non discende da una volontà esasperata di chi non sa come venir fuori da questa situazione disperante, in un utopico tentativo di tenere sotto controllo la realtà. Il Dio cristiano viene a cercarci (“Lui ci ha amati per primo”), a immischiarsi nelle nostre vicende umane, anche quelle troppo umane e scandalose come la guerra. Ma questo giudizio del pregare e sperare cristiano implica un diverso modo di concepire l’affronto dei problemi … il Signore non può risolvere nulla se, una volta cessato il conflitto (magari perché Lui ha saputo “suggerire una via di uscita” a qualcuno), noi ritorneremo quelli di prima!
Perché? ma perché tanto si ripresenterebbe da capo la tentazione “putiniana” della sopraffazione (forse con altri nomi).
E quindi…? saremmo daccapo! Pertanto, è il momento di cogliere l’occasione – tutti – di cambiare atteggiamento e sguardo sulla realtà, avremo così le condizioni perché il Signore ci venga in aiuto
Perché di questo si tratta: di morte e distruzione o vita vera! Ad esempio, gran cosa sarebbe che in Occidente si correggessero almeno due false idee:
- una, che la libertà di scelta sia “la” libertà, mentre una libertà senza un contenuto è un inganno, una menzogna, un vuoto a perdere!
- l’altra è la visione dell’uomo senza un destino ovvero la convinzione che sia lui stesso l’artefice del proprio destino. Che non ci sia un partner per il proprio destino è un’altra menzogna. Che se ne abbia uno di destino appare evidente in questa circostanza senza via d’uscita.
È pertanto il caso di non aspettarsi un miracolo ma un cammino di cambiamento. Pregare e sperare cristianamente non è né un’uscita di sicurezza né una soluzione di comodo. È un autentico dramma! Davanti a questi nuovi venti di guerra abbiamo un impercettibile e flebile soffio di speranza, che Dio diventi un reale partner nel nostro destino, in modo da aprire scenari alternativi al sempre più probabile “incenerimento” nucleare.
La storia per un cristiano e per uomini che siano degni di questo nome, non è mai un dejà vu … ritengo che sarebbe più facile per Dio far finire questa guerra (di Putin) che cambiare il nostro cuore!!
Potrebbe perfino essere che Egli “permetta” una guerra nucleare per riuscire a cambiarci … e immischiandosi così nelle nostre vicende, Egli non sarà stato colui che decide o determina il nostro destino, ma soltanto uno dei partner nel nostro destino!!
Senza questo soffio di speranza, non ci resta che chiedere alla polvere, parafrasando un famoso romanzo di John Fante … o forse più realisticamente “alla cenere”, come recita il Qoelet.
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Luigi Geninazzi
Grazie! E’ un chiaro giudizio sul male che ci sta davanti (una guerra terribile e insensata) e sui limiti delle nostre azioni per contrastarlo. Limiti dei potenti ma anche dei movimenti che si affidano ad un pacifismo vuoto e retorico sottovalutando il ruolo decisivo di una resistenza a tutti i livelli. E poi c’è un secondo elemento che mi ha colpito nella tua riflessione: questo male deve spingere al cambiamento del mio io, di noi, dell’Europa. Un compito che riguarda tutti.
Maria Stella
Lettera che ci obbliga a riflettere. Ormai anche la guerra comincia a non far piu’ notizia, ci stiamo abituando e ci rende indifferenti. Abbiamo un po’ perso la speranza che finisca e pochi credono che l’Ucraina possa non soccombere. Qual e’ il nostro compito? Giovanni Paolo II aveva detto che “la pace e’ un dono di Dio affidato agli uomini”, non e’ una nostra capacita’ ma ben venga tutto cio’ che possa conservare questo dono siano essi preghiere, digiuni, condivisioni. Grazie per averci dato la possibilita’ di riflettere
Patrizia Ferrazzi
“Che vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la sua anima?”
Ecco, basterebbe questo pensiero “puro” per fermarsi e riflettere, che l’agire, con crimini, eccidi guerre, brutalità inenarrabili non hanno nessunissimo scopo per la vita, ma gridano giustizia al cospetto di Dio .
Tutti Noi, dovremmo domandarci: che lascito tramandiamo “ancora” alle generazioni successive?
Ancora guerra! chi si vanta “leader del popolo”?
cosa spera!? che la gente lo ricordi come una persona rispettosa degli altri?
La maggior parte delle persone non può scegliere quando o come morire, solo un carnefice può decidere come porre fine all’esistenza di innocenti, inermi, confusi, persone trascinate da ideologie strutturate per il raggiungimento di scopi, obbiettivi potentissimi, direi ” demoniaci, diabolici) poteri a scapito del futuro dei fratelli, dell’umanità.
Preghiamo per loro, possano sentire nelle loro “viscere sudice senza una coscienza ” la voce del Dio vivente : Caino perché hai ucciso tuo fratello Abele ? PACE CHIEDIAMO PACE PACE PACE NON È CHIEDERE TROPPO !
Pippo
Cara Patrizia, il tuo è quel che si suol dire un giudizio lucido quindi distaccato perciò vero. <>. È detto tutto
Pietro
Grazie Pippo. Che la preghiera si faccia carne e che la carne si faccia opera di Dio. In Alto i cuori.
Marco Puerari
Grazie Pippo!
Per parlare di cose che ci riguardano così da vicino, invece di ascoltare e ripetere quello che la propaganda di stato ci propone come unica verità.
Ti rispondo esprimendo il mio dolore perché uscendo di chiesa durante la quaresima, ascoltavo i miei compagni di fede condannare non tanto i propri peccati, ma quelli di Putin, senza cercare di capire cosa sta succedendo, non dico da sempre, ma almeno dal 2014, quando un sanguinoso colpo di stato ha scacciato il precedente presidente ucraino, subito dopo sostituito da Zelenski. Eseguito dalla Centuria Maidan, il cui nome, con croce nazista, è scritto sulla bandiera Ucraina che Papa Francesco ha baciato in pubblico alla fine di una udienza del mercoledì. Sono certo della buona fede del mio Papa Francesco, che non conosce la lingua Ucraina: ma che nessuno in Vaticano l’abbia avvisato, mi sembra dimostrare che coloro che ha accettato di guidare le nazioni e le singole persone europee (anche i governi, unica eccezione che conosco quello ungherese) stanno eseguendo ordini altrui, contro quelle stesse nazioni e persone a loro affidati. Il Governo italiano, che ormai, da uomini liberi, non ci rappresenta più, fin dall’inizio della guerra (febbraio) ha deciso di inviare armi all’Ucraina FINO A DICEMBRE! Vuol dire che qualcuno ha già deciso che la guerra continuerà così a lungo, a prescindere da cosa decideranno i Russi, “unici colpevoli”? E quando finalmente Zelenski ha aperto alle trattative con la Russia (7 o 8 maggio, non ricordo), il Segretario della NATO l’ha subito fermato: “Nessuna concessione, a costo che la guerra vada avanti ancora anni”. Ecco la cosa che mi sembra terribile: qualsiasi cosa decida il Governo Italiano, va bene senza discutere (con la nostra coscienza anzitutto, e quindi poi con i nostri fratelli uomini). Senza chiederci cosa il Ministero della difesa USA sta facendo da 8 anni nei 17 bio-laboratori dislocati in Ucraina (i governi ucraino e statunitense, interrogati ufficialmente, non hanno mai risposto). A mia volta cito un romanzo, grato a Don Giussani per avercelo proposto e al Movimento di Comunione e Liberazione per averlo riproposto come libro del mese: “Il padrone del mondo”. Mi ha impressionato come Benson abbia descritto, nel 1907, esattamente quello che in questi giorni sta succedendo: la Massoneria anglo americana, in nome della pace, della fratellanza, dell’unione tra gli uomini, fomenta la guerra e spinge le persone a uccidere (anche indirettamente, inviando armi) e i popoli a dividersi (perché l’Europa si sente così unita, facendo la guerra contro la Russia che, come mi hanno insegnato alle elementari, fa parte dell’Europa e, come mi ha insegnato la Chiesa, ha la stessa tradizione cristiana del resto dell’Europa?). Ma non perdiamo la speranza! Ogni giorno prego lo Spirito Santo: “le nostre menti illumina!”
Pippo
Grazie Marco, per l’attenzione al dibattito e soprattutto per il tono nn risentito a differenza di altri che ammonticchiano i sentito dire e le mezze verità, in realtà più “slatentizzando” proprie frustrazioni nella vita che cercando di capire la valenza enorme, epocale che ha la guerra in Ucraina. Ho sottomano “Proibito parlare” della giornalista Politkovskaja(assassinata): terrificante quello che Putin e suoi “volenterosi carnefici” hanno fatto in Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka. Ci vuole stomaco per leggerlo. Ora tu richiami le nefandezze ucraine dal 2014…ma Marco, che ci dovevamo aspettare dai popoli dell’ex impero sovietico? Ma è evidente che Russia e Ucraina non sanno cos’è la democrazia, ancora un po’ non sanno nemmeno da dove comincia. Con sta storia quindi delle nefandezze degli uni e degli altri e se poi ci metti le complicità e le connivenze dell’UE, della Nato e degli Usa si addiviene all’antico adagio che “di notte tutti i gatti sono bigi” alias tutti sono responsabili e tutti sono colpevoli. Cosa che sul piano morale religioso va bene e deve indurci a cambiare, a tendere all’uomo nuovo perché siamo in piena epoca “cainesca”, direbbe il papa. E invece bisogna stare su quel che avviene, senza censurare niente del passato ma neppure permettere al passato di relativizzare un’autentica invasione e sfregio alla sovranità di un popolo. Frange ucraine nazionaliste tanto quanto quelle dei russi sovietici, frange naziste quanto quelle esistenti in Italia Germania e frange di kgb e servizi sovietici, che (già con Trostskij )vanno in ogni nazione del mondo ad avvelenare i nemici, pardon, gli avversari politici di Putin. Ma nn è da qui che ne veniamo ad una. Per farla breve gli americani aveva offerto a Zelenskij di fuggire all’atto della criminale invasione di Putin e lui è voluto restare con tutto il suo governo e l’intero Parlamento. Qui c’è un popolo intero NON manipolato, che ama la propria patria e che sta pagando il sacrosanto diritto di difendere il proprio destino con la vita. Sono ammirato e devastato da questa scelta. Qualunque altra considerazione la considero subordinata e totalmente secondaria. Quello che hanno fatto gli ucraini negli anni precedenti a danno dei russofoni/russofili del Donbass,( cmq terra Ucraina, )è vergognoso analogamente a quello che hanno fatto gli stessi russofili/russofoni agli abitanti e cittadini ucraini dello stesso Donbass però fedeli a Kiev, che si riconoscevano nel governo ucraino. Con un’aggravante! che fa capire che la responsabilità di Putin è senza appello. Gli agenti putiniani collegati ad uomini senza scrupoli della minoranza russofila del Donbass hanno -come gli ex AGITPROP di stampo sovietico- fatto di tutto per avere anziché uno statuto autonomo( come quello per noi del Trentino Alto Adige dove vige la doppia lingua italiana e tedesca) per avere da Kiev una vera e propria secessione, separazione. Tra le altre loro iniziative anche la concessione “ad arte” ai russofili di centinaia di migliaia del doppio passaporto (ucraino e di nazionalità russa) appunto per fare prevalere a maggioranza le istanze dei separatisti. Vale a dire che la leva di tutto, se capisco, non sta né nella questione Nato né nella sicurezza della Russia ma nel disegno della grande Russia in cui si è “slatentizzato” il vecchio pallino dell’impero prima zarista e poi sovietico. Da qui si spiega come la devastazione e la distruzione apocalittica della nazione Ucraina ( delle infrastrutture e dell’economia nonché la pulizia etnica)avviata con l’invasione putiniana è quasi identica a quella di Milosevic bei Balcani. Noi più che con Hitler abbiamo a che fare con un Pol Pot occidentale camuffato(torno alla Anna Politkovskaja). Detto ciò resta che la guerra e questa questa soprattutto è l’espressione massima della realtà del male e quindi- scrivevo nel mio pezzo- siamo messi davanti ad una impotenza totale che ci chiede di cambiare, cominciando a pregare e digiunare come invitava a fare il Papa e chiedere a Cristo “il dono” della pace ma questo nn come ultima spiaggia ma per la profonda consapevolezza che il destino dell’uomo è nelle sue mani finché non riconosce umilmente che lo possiede in condivisione con Dio. Sennò è cainismo senza fine. La diplomazia e il negoziato? È la speranza con la S maiuscola, a Dio piacendo.
Antonio
Un aiuto a recuperare la propria identità e non rendere vano il sacrificio chiesto (per ora?) a un popolo aggredito. Non mera analisi ma invito al cambiamento nelle azioni di tutti i giorni. Grazie!
Antonio Pedrazzini
Colgo nei commenti, non solo qui, ma anche un po’ ovunque come un distacco dalla realtà, siamo seduti a pensare, a sforzarci di far entrare nella nostra logica quanto accade ad altri per filtrarli con i soliti concetti base : la guerra è brutta ci vuole la pace e anche Dio vuole che noi viviamo in pace.
Secondo me l’atteggiamento più corretto è quello di pensare: se domani mattina mi sveglio con l’Italia invasa e bombardata in quel modo, la distruzione e la morte che avanzano sempre di più… città dopo città io cosa faccio? Quali pensieri mi pongo? Come faccio per aiutare chi voglio bene e che scappa o viene ucciso? Cosa mi aspetto da chi la mia nazione ha chiesto aiuto? Cosa mangio? Dove trovo i soldi per vivere?
Cosa penserò vivendo sulla mia pelle un dramma di queste proporzioni quando vedo che nelle televisioni estere ci sono commentatori che deridono e mettono in dubbio quanto mi sta’ succedendo?
Beh io penso che in quest’ottica giudizi e commenti saranno ben diversi. Come risulta chiaro che il denaro smuove le coscienze di patriarchi e politici, ma non solo, anche il semplice cittadino non vuole rogne…non vuole aumenti sul costo della vita non vuole essere coinvolto in un’eventuale paura di entrata in una guerra mondiale, perché non conta più la verità ma il proprio tornaconto quindi ci si fa scudo della pace (ma anche della religione) per giustificare questa corruzione.
I cappellani militari hanno il compito di accompagnare i soldati per far memoria che Dio è compagno dell’uomo ovunque sia, non solo nella pace ma anche nella guerra.
Giorgio Cavalli
Caro Pippo, questa tua riflessione è l’occasione dell’apertura di un dibattito sincero tra quanti cercano nell’esperienza di fede un criterio guida sui fatti che ci investono e, come suggerisci, ci rimette dinanzi alla necessità di uno sguardo sulla guerra che non si appiattisca su discorsi meramente geopolitici. Mi permetto pertanto di portare alcune mie osservazioni, nella speranza che il dialogo prosegua a più voci.
Condivido con te l’idea che il cristiano debba “attraversare” questo momento senza voltarsi dall’altra parte, fosse anche l’attaccarsi ad una forma di preghiera solo spiritualistica, che non investa cioè il nostro agire nella storia. Questo infatti mi pare essere il filo rosso del tuo intervento: la fede ha da giocarsi sempre nella storia e nel rischio azzardato della nostra libertà. La libertà di ogni uomo, inoltre, non può essere tolta o sostituita neppure da Dio, che semmai l’accompagna e la sostiene con la sua grazia.
È per questo, tuttavia, che non riesco a condividere a cuor leggero l’affermazione secondo cui “sarebbe più facile per Dio far finire questa guerra che cambiare il nostro cuore”. Infatti, come potrebbe mai Dio far finire la guerra, se non cambiando il cuore degli uomini con un appello alla loro libertà? Sono d’accordo che i modi che Dio sceglie per partecipare alla nostra storia possono essere molteplici secondo la sua infinita creatività, ma non mi riesce proprio di pensare che possano assimilarsi a quelli di un generale che decida di dare inizio o di por fine alle guerre, le quali hanno questo di proprio: che sono sempre volute e provocate dagli uomini. Semmai, appunto, Dio è Colui che può toccare i cuori di questi uomini, provocando e non determinando la loro intangibile libertà. È questa anche la storia di Giobbe, che papa Francesco ha recentemente evocato nell’Udienza generale di mercoledì 18 maggio: Giobbe è ritenuto giusto da Dio perché, giunto alla sua vecchiaia, dice il papa, non gli attribuisce la causa delle sue sofferenze, ma lo riconosce come il Dio misericordioso (qui il link della catechesi: Udienza Generale del 18 maggio 2022 – Catechesi sulla Vecchiaia: 10. Giobbe. La prova della fede, la benedizione dell’attesa | Francesco (vatican.va) ).
Tu scrivi: “Potrebbe perfino essere che Egli ‘permetta’ una guerra nucleare per riuscire a cambiarci … e immischiandosi così nelle nostre vicende, Egli non sarà stato colui che decide o determina il nostro destino, ma soltanto uno dei partner nel nostro destino”.
Forse ho frainteso il tuo pensiero, ma se è vero che Dio trae il bene anche dal male, e che tollera il nostro male per essersi consegnato Lui stesso – Lui che è sommo Bene – alla nostra libertà capace di bene e di male, non mi riesce di pensare che Egli accetti questo “per”, cioè “in vista di” un disegno pur buono come quello di trarne frutti di conversione, il che sarebbe piuttosto machiavellico, trasformando la Provvidenza nell’hegeliana “Astuzia della Ragione”, che senza darlo troppo a vedere tiene nelle proprie mani persino un Napoleone, lasciandogli credere di essere lui solo a determinare il proprio destino. La parola destino peraltro è sempre ambivalente, perché porta a pensare che il futuro sia già scritto, mentre esso è un momento del tempo, si gioca in ogni istante nell’interagire delle diverse azioni umane, prima di essere un futuro è un presente, si scrive mentre si fa.
Mi piace piuttosto pensare che Dio non è dalla parte della regia della storia, che mette tutto a posto, ma piuttosto che si immischia nella storia accontentandosi però di averne una parte apparentemente da nulla, come il più umile scarto della storia, come il bambino rimasto schiacciato dalle bombe o gasato ad Auschwitz, come l’infinito numero degli innocenti travolti dalla volontà di potenza dei Putin di turno, o come l’umile attore de “La ricotta” di Pasolini, che dovendo recitare su un set cinematografico la parte secondaria del ladrone finisce di fatto con l’identificarsi con il crocefisso, mostrando così il vero significato del film. Un Dio così ha scelto di entrare nella storia, con le sembianze, irriconoscibili ai più, del Cristo mendicante del cuore dell’uomo.
Restano aperte delle domande brucianti per noi cristiani, che siamo chiamati alla sequela di Cristo senza essere noi stessi Dio. Infatti la tentazione peggiore sarebbe quella di farsi interpreti ed esecutori del “disegno” di Dio sulla storia, che nessuno però conosce. Il rischio più grande è in definitiva di confondere l’agostiniana città terrena con la Città celeste. Queste due città si intrecciano nella storia e nei cuori degli uomini, senza che l’una possa mai del tutto identificarsi con l’altra. La perdita del senso trascendente della Città di Dio è la strada percorsa da Hegel e dai suoi epigoni, fino alla definizione dello Stato come manifestazione dell’Assoluto nella storia, ed è anche la strada percorsa, ahimè, dal patriarca di Mosca dei fratelli ortodossi, che finisce con l’identificare ideologicamente i destini del cristianesimo con la volontà di potenza di un leader politico e con lo Stato che questi intende rappresentare. Così la fede è ridotta a ideologia, a causa dello smarrimento di quello che lo storico Henri-Irénée Marrou chiama il “mistero della storia”.
Quali strade dunque sono percorribili per la libertà del cristiano che entra nella storia, oltre alla preghiera e alla carità? Preghiera e carità possono assumere anche una rilevanza politica? E se sì, a quali condizioni?
Mi ha impressionato il recente incontro del papa con le mogli di due soldati assediati a Mariupol, se si pensa che su di loro pesano i sospetti di “nazismo” lanciati dai filorussi. In quel gesto non possiamo forse rinvenire la cifra di una risposta della fede all’ideologia putiniana (e non solo), cioè l’annuncio che prima di tutto, prima di ogni ideologia professata o attribuita, ci sono delle persone? Non è già questo il modo con cui la carità può entrare nella storia e cercarvi una propria incidenza originale, suggerendo ai cuori feriti nuovi percorsi di pacificazione?
Siamo davanti al peccato di Caino, come dice il papa, ma quale può essere, nel concreto, la via “terza” tra un pacifismo irenistico che cerca una via di fuga dalla storia e un’escalation mondiale degli armamenti? È ancora possibile, oggi, concepire la lotta per la libertà e la giustizia così come la concepiva un Gandhi, scommettendo sul cuore del nemico piuttosto che volerne la distruzione? Forse ad oggi ne mancano pesino le condizioni, ma i cristiani non possono che lavorare in questa direzione. Su questi temi potremmo anche dividerci, come di fatto accade, ma sono questioni che vale comunque la pena di approfondire, rischiando posizioni e sensibilità diverse.
Giorgio
Pippo
Carissimo Giorgio, anch’io mi auguro un dibattito a più voci. Siamo di fronte a temi sensibili, quindi perdona se non mi sono espresso in modo adeguato. Se hai dovuto scomodare Agostino e il De civitade Dei per il nostro dibattito vuol dire che io nn mi devo proprio esser spiegato. Su tre punti chiarisco.1. Quando dicevo che per Dio sarebbe più facile far finire una guerra che cambiare il cuore dell’uomo, utilizzavo un paradosso per dire che se l’uomo non si apre alla grazia, come ben ricordavi anche tu, Dio non può niente. Il cuore umano può rivelarsi così cattivo, rivelarsi di pietra, per cui ben gli si addice l’aforisma di Einstein: è più facile spaccare l’atomo che un pregiudizio ( figurarsi cambiare il cuore).Dio può provocare e sostenere, come dici tu, il cuore dell’uomo e volgerlo a più miti consigli, può stimolare verso scelte di bene la sua libertà, anzi, lo fa sempre (vedi il passaggio sulla coscienza nel cap X de “Il senso religioso”) poi però “lui”(l’uomo) gli puoi dire NO e “Lui”, proprio per rispetto della libertà e del mistero che ne è l’essenza, può decidere di “astenersi”…e la storia precipitare nelle più tragiche delle brutture. Quindi sì, confermo, <>. Per questo diciamo che la pace in assoluto è sempre un dono (visto “l’aiuola che ci fa sì feroci”- Dante). Ora sembra come scrive Paolo Rumiz che l’Europa si sia stancata della pace e questo ci dice la situazione terribile in cui siamo.In questo senso intendevo che anche una guerra nucleare resta una fra le “brutte possibilità della storia”. Tu ricordavi Marrou, per il quale è difficile che la storia abbia un senso, il grande storico dubita infatti che esista una filosofia della storia; una teologia magari sì…quindi è mistero la libertà, è mistero la storia, mistero poi anche la grazia, meglio, la misericordia quando interviene (per sostenere la libertà, certo non per sostituirvisi). Pertanto nn posso aver inteso il partneraiato con Dio come “razionalizzazione hegeliana del male” e/o Astuzia della Ragione in atto nella storia. Ma come scrisse il Gius: “Dio è misericordioso, il Mistero è una misericordia che porta con sé la croce. Una croce che per gli uni è un destino di castigo, penitenza e umiltà in un cammino dentro la pace, per gli altri è un mistero di rabbia senza confini”. Ecco noi siamo in un vero cammino di penitenza con quanto accade in Ucraina e per questo parlavo di preghiera e digiuno: <>. Quindi non intendevo nessun Deus ex machina…e tanto meno avevo “in mente” la Teodicea leibniziana o peggio spinoziana della storia…ovvero che Dio “per” cambiarci potrebbe farci passare attraverso una guerra nucleare! Se lo decidesse non sarebbe “per” farci cambiare ma per farci capire che l’uomo “vecchio” ferito dal peccato originale cerca la morte (cupio dissolvi) ma…per un mistero insondabile di misericordia, comunque ci salverebbe da noi stessi, non fosse altro per “riguardo ai 50 giusti” ma soprattutto ad Uno! La nostra libertà è illimitata…anche nel male, ci insegna Quirico che di nefandezze ne ha viste e subite.Troppo facile e troppo stupido poi sarebbe spiegarci il male (altro mistero) ricorrendo a Dio : <<C'è la sofferenza però…c'è Dio! C'è il dramma sì, però…c'è il senso che lo risolve subito, a spese tendenzialmente delle vittime (perché la domanda umana di senso sarebbe bypassata). Nell'anno '70 d. C. con la diaspora Dio non ha revocato l'elezione del popolo di Israele, la sua vocazione di popolo eletto rimane. Così come per il popolo di Israele anche per l'umanità è riservato un destino di bene: Cristo in croce ne è sicura certezza come il suo essere Risorto. 3. Da ultimo seguendo il gesto del papa nel baciare la bandiera Ucraina e più ancora chiamare due donne ( russa e ucraina) alla Via Crucis, abbiamo un giudizio a partire dalla fede ma che nn lascia intravede ancora un'alternativa, così come tu ti chiedevi: <>. Non so se esista sinceramente una terza via che non sia il negoziato. Tuttavia io non mi chiedo neanche se noi cristiani dobbiamo seguire l’ideale gandhiano. Io sono con Elena Mazzola (ricorderai), nel suo dramma, lei si immedesima con gli amici ucraini, soffre con loro, piange con loro, freme di rabbia con loro, si sente Ucraina e sta vivendo sulla propria pelle le bombe di Putin sui bambini le donne gli anziani e l’umiliazione di una nazione devastata. Nello stesso tempo Elena ascolta il richiamo del papa e guarda a mons. Pezzi. Cosa voglio dire? Che la mia “terza via” si ferma alla domanda: se si possa o no vivere “con fede e senza odio” il dover esser costretti a prendere le armi, per difendersi da chi ti vuole morto. Fallito ogni negoziato e fatte salve le “quattro” condizioni previste dal Catechismo della Chiesa Cattolica, io penso di sì …con la morte nel cuore! Si sa, siamo alla barbarie: nel Medioevo “funzionavano” le Paci di Dio, ricorderai. È detto tutto.
Qui ora è d’obbligo un’ AVVERTENZA: “Quando un popolo sta attraversando un momento brutto o penoso della propria storia, esso può dare un giudizio su ciò che è giusto o no nella misura in cui è educato, se ha un cammino guidato, se è indirizzato, allora seguendo i suoi maestri può dire di sì o di no a evidenze storiche”(gius): come ad es. difendere la patria anche con le armi! Ma ATTENZIONE: si può ANCHE non prendere le armi ma più creativamente fare scioperi della fame, mettersi davanti ai carri armati come a Tien an men…Poi è la coscienza educata che ti dice cosa fare. Per questo è decisivo quel che diceva Balthasar: <Qualunque cosa che non entra nella preghiera non merita di essere pensata>(cito a braccio). Salvo d’Acquisto, Kolbe, Aldo Gastaldi il partigiano genovese, Francesco Jagerstatter…cosa suggeriscono, se non che nella creatività di una fede viva, essi rappresentano quelle forme legittime,benché diverse, di prendere una posizione “umana”? Ed è la fede nella Croce che supporta l’umano precipitato in questa drammatica circostanza!!
Conclusione 1. Sono persuaso che questo incubo nel cuore dell’Europa sia rivelativo di quel di cui si va sempre più discutendo nella Chiesa cioè di una crisi profonda che attraversa il cattolicesimo. La fatica a comprendere il valore enorme di ciò di cui si sta rendendo protagonista il popolo ucraino cioè che ci sono cose più importanti della vita materiale e biologica, che val la pena “perderla” la vita per qualcosa di più grande come la verità la giustizia la libertà la dignità…sia della persona che di un popolo, questa fatica a capire spiega bene come sia verosimile che il nostro sia un cristianesimo piccino piccino, borghesuccio, dello stare tranquillo, consumistico…ahi voglia, papa Francesco, a parlarci di cultura dello scarto! Ci sono testimoni ma la crisi di fede è grande ( https://comboni2000.org/2022/05/24 enzo-bianchi-i-vescovi-italiani-e-la-crisi-della-fede/). Se oggi noi cattolici siamo bloccati, incapaci di scendere in campo sulla questione Ucraina è perché si è eclissata l’autocoscienza: la coscienza di CHI siamo, dell’ identità della nostra <> cioè “luogo” della grande presenza e dell’identità della comunità cioè popolo di fede. La conferma viene da Santoro quando afferma:<Ricordare di essere in Lui, alla Sua presenza, non comporta l’insignificanza dell’io, ma la grandezza di tutto, dà peso a ogni parola, come ha detto Gesù. La distinzione tra me e Lui non confonde la mia umanità con la Sua, ma segna la possibilità di un dialogo della mia libertà con la Sua, di un rapporto – si dirà più avanti – di una amicizia. Solo così si ritrova il coraggio per sostenere la speranza degli uomini, perché partecipiamo dell’essere di Dio senza confusione.>.
Conclusione 2.La forza del cristiano è la preghiera non come gesto rituale ma alla Mosè, che tenendo le braccia alzate faceva sì che Israele vincesse su Amalek…e se esiste una Maria (Mariupol?) in giro in Europa che da più di 40 anni richiama alla preghiera non è certo per offrirsi in pasto ai madonnari! Pregare è mettere Dio in condizione di cambiarci (impossibile a noi stessi!) e noi a far cambiare la storia! <E non smettiamo di pregare, anzi, supplichiamo Dio più INTENSAMENTE> (Papa Francesco, Contro la guerra, pag. 28). Noi cristiani, come dice la Lettera a Diogneto, portiamo il significato del mondo e del tempo nella misura in cui dentro gli eventi del mondo, che riguardano tutti, viviamo il rapporto con la grande presenza. Non sappiamo <> questo ci porterà ma, come scrive Ida Matrone, ci dobbiamo preoccupare che <il primo cambiamento è quello del cuore dell’uomo e che questo può e deve avvenire fin da ORA, non bisogna aspettare di vincere una rivoluzione per vedere i propri ideali realizzati, perchè un cuore cambiato sperimenta da subito la possibilità di novità e di bene> nella storia. L’uomo incide nella storia “ora”, hinc et nunc, così come oggi nella vicenda Ucraina, nel senso che in Cristo morto e Risorto, inseriti nel suo Corpo, nn solo nn ci sentiamo nemici di nessuno ( qualunque cosa facciamo, compreso essere in guerra) ma viviamo il senso…anche nell’assurdo di una guerra!
Ida Matrone
La questione che io colgo nella tua lunga riflessione, e che non riguarda sicuramente solo la situazione attuale, è come io posso contribuire al cambiamento del mondo. Siamo quasi coetanei e da studenti abbiamo vissuto gli anni della contestazione giovanile, del ’68, c’era il mito della rivoluzione, per cui si riteneva che se si cambiavano gli uomini al potere, se si cambiavano le strutture politiche ed economiche, si sarebbe costruito un mondo migliore. E per ottenere questo scopo si poteva ricorrere anche alla violenza, quella rivoluzionaria certo, l’unica ritenuta giusta. Sappiamo bene come sono finite quelle rivoluzioni e anche quel desiderio di cambiamento che albergava nel cuore di tanti nostri compagni. In quegli anni, la piccola comunità cristiana della mia scuola, di cui io facevo parte, nel dialogo con i “compagni ” faceva sua una frase di Theillard de Chardin ” Si sognano sempre sistemi così perfetti, da rendere inutile all’uomo essere buono” (cito a memoria) rimarcando così la necessità di una responsabilità personale, affermando che il primo cambiamento è quello del cuore dell’uomo e che questo può e deve avvenire fin da ORA, non bisogna aspettare di vincere una rivoluzione per vedere i propri ideali realizzati, perchè un cuore cambiato sperimenta da subito la possibilità di novità e di bene. Questa modalità di stare nella realtà che ho imparato in quella particola situazione storica, mi ha da allora aiutato a vivere in qualsiasi circostanza personale e storica , impedendomi così di essere sopraffatta dal senso d’impotenza che inevitabilmente può cogliere, quando la realtà ci sembra non essere alla nostra portata e la soluzione dei problemi non assicurata. In questi casi il passaggio dal senso d’impotenza alla disillusione e al cinismo è dietro l’angolo. Nella situazione attuale di guerra e di possibili nefasti scenari futuri che sembrano totalmente nelle mani dei potenti della storia, non è invocare un dio tappabuchi che risolvi lui la situazione che ci potrà salvare, come hai ben detto tu, illudendoci così di poter evitare l’unico compito che ci appartiene: la ricerca della verità della nostra persona e della vita. Questo compito accomuna tutti gli uomini, credenti e non, e quando un uomo lo assume, lo Spirito di Dio agisce, intervenendo così nella storia. Un cristiano ha una consapevolezza in più e Peguy ce lo ha ricordato: “Dio ci ha affidato suo figlio, ahimè, ahimè. Dio ci ha affidatola nostra salvezza, la cura della nostra salvezza. Ha fatto dipendere da noi e da suo Figlio e la nostra salvezza , e anche la sua speranza stessa; e noi non riporremo la nostra speranza in Lui?”
Giorgio Cavalli
Grazie Ida, della tua bella testimonianza e riflessione. Negli anni Settanta il nostro sguardo di cristiani dentro alla contraddizione della contestazione era così “altro” da sembrare allora perdente e inefficace, tanto che anche molti di noi lo ritenevano in fondo inadeguato. Poi sono crollate le ideologie forti di allora (forse non tutte), e si è svelata una verità sull’uomo che già i dissidenti testimoniavano pervicacemente dalle loro prigioni. Ora nuove ideologie dominano il campo, ma il cuore dell’uomo rimane quel medesimo impasto di contraddizioni e speranze.
Solo una notazione in margine: la citazione è dai Cori dalla Rocca di T.S. Eliot: “Essi cercano sempre di evadere/ dal buio esteriore e interiore/ sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’esser buono”.
Giuliana Fabris
Grazie Pippo per la tua lettera.
Ti dirò che ho avuto la fortuna, scoppiata la guerra, di aver appena iniziato, con il gruppo che conduco presso il Santuario di Monte Berico (ex ISSR), il laboratorio su libro di Guardini “Il Potere”, libro che egli ha progettato e scritto mentre era al confino a Mooshausen per essere salvato dalle SS (come tu sai). Ebbene, questa lettura ci ha permesso di reagire allo shock che si è manifestato molto evidentemente; più d’uno ha detto che questo laboratorio è stato profetico; è stato profetico che l’avessimo programmato per questo momento.
Sembrava che il libro fosse scritto per l’adesso.
Il lavorare insieme ci ha aiutato tutti a sbloccare i pensieri, a cercare noi stessi all’interno di questa tragedia, a cercare cosa noi potessimo fare.
Nel testo Guardini invita a scrutare il tema del potere non solo fuori di noi, il potere degli altri, ma il fatto elementare che “l’uomo ha potere, ama esercitarlo, ma è un potere che Dio gli ha conferito, e non può esercitarlo contro quanto è di Dio”; così noi abbiamo scrutato il “nostro” potere e le sue dinamiche nei nostro ambiti di vita.
Da questa riflessione è scaturita l’idea di affrontare il prossimo anno con rinnovata consapevolezza ciò che Guardini ha elaborato sulla Genesi (dove inizia l’uomo e il suo potere) e il Mistero liturgico (là dove la potenza di Dio ha luogo).
Concluderemo il corso il prossimo 31 maggio.
Un caro saluto a te e a tutti gli amici
Giuliana Fabris
Pippo
Carissima Giuliana, so bene quanto articolata e approfondita è la tua conoscenza di Guardini, questo gigante della cultura del ‘900. So che ogni anno organizzi un viaggio sulle orme del grande filosofo italo tedesco. Ad uno d’essi venni anch’io e ne rimasi ammirato. Quindi quando tu parli del libricino di Guardini “Il potere” e del laboratorio politico che ne state facendo, immagino la ricchezza e la complessità delle considerazioni che ne farete saltar fuori. Aspettiamo su questa rubrica una tua eventuale comunicazione. La tentazione del potere che, come ricordi tu, Dio ha dato all’uomo e che si connette alla Genesi biblica, è da sempre contigua al delirio di onnipotenza. Tutte le volte che il potere è stato usato come puro dominio e non come servizio, si è rivelato un “mostro”! La natura del potere o è servizio o si snatura e decade pervertendosi. Lo vediamo oggi nella questione ambientale dove il comando biblico all’uomo di esser Signore e custode del creato è stato interpretato come padrone e sfruttatore. Lo vediamo nei diversi tipi di nazionalismo che credevamo di esserci lasciati alle spalle (pangermanesimo, panslavismo, panturchismo o turanismo, revanchismo ecc) come quello che domina in Russia col regime autocratico putiniano che addirittura si è spinto ad invadere un paese sovrano senza alcuna ragione “sufficiente”. Ci aspettiamo che in Ucraina il nazionalismo pur forte venga nel processo democratico che cmq si è avviato ( pur venendo dall’esperienza storica sovietica)ridimensionato sempre più, specie entrando nella UE. Così infatti accade in tutti gli stati membri dell’UE che pur contando frange neo naziste o fasciste o anche comuniste e massimaliste, comunque i relativi sistemi democratici riescono a contenere e arginare, senza doversi clonare in democrature!!
Paola
Caro Pippo provocata dal tuo articolo posso dire che questa guerra è per farmi capire che gli schieramenti sono pericolosi da ambo le parti. Che il Signore ci ha dotato di intelligenza che dobbiamo usare per studiare sempre per capire come risolvere le situazioni sempre più complesse come fecero gli uomini preistorici inventando la ruota. Che la libertà è una cosa seria e che là democrazia è un fatto da proteggere. La tentazione egemonica è dietro l’angolo. Che anche la nostra democrazia è in pericolo perché pochi sono consapevoli di ciò che significa democrazia. Pochi votano, pochi partecipano, chi governa ha bisogno di avere un’opposizione seria. Un’opposizione di governo direi. Che la politica vera è dialogo ma anche scontro perché il dio denaro può giocare brutti scherzi. Preghiamo per la pace ma armiamoci di parole. Qualcuno ascolterà ….
Daniele
Caro Pippo,
credo che la definizione più pertinente dell’attuale momento storico sia quella data da Papa Francesco quando dice che stiamo vivendo “una terza guerra mondiale a pezzi”, una definizione in cui sono compresi sia i conflitti armati che insanguinano tutte le latitudini (di cui spesso nulla sappiamo e a cui spesso restiamo indifferenti) ma anche le più o meno raffinate strategie economiche e finanziarie volte a danneggiare gli avversari. In quest’ottica la guerra in Ucraina diventa non un evento unico o inatteso ma un momento di questo più ampio movimento. Anzi oserei dire che è stata una guerra coltivata, attesa, quasi cercata da anni con cure meticolose. Allora, non posso riconoscermi nella tua valutazione storica iniziale e, pur senza negare le responsabilità russe, non posso non guardare alle gravi responsabilità della Nato e alle pesanti ingerenze americane, non certo disinteressate. E quando ricordo i toni bellicosi e minacciosi con cui l’attuale governo ucraino rispondeva alle minacce russe nei mesi precedenti il conflitto, non può non venirmi in mente Luca 14: “..quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace …”
Invece il compromesso non è mai stato seriamente cercato e gli accordi di Minsk son rimasti lettera morta perché così doveva andare. Non solo, ma mi chiedo anche quali ragioni ci siano nel condurre un conflitto incentrando buona parte della resistenza nelle città (e quindi esponendo la popolazione civile a inevitabili orrori) se non quelle derivanti dalle condizioni di inferiorità e dalla necessità di farlo durare il più a lungo possibile per strappare condizioni migliori o magari ribaltare le sorti grazie agli aiuti esterni (visto che per ora Zelenskj non è ancora riuscito a trascinare la Nato nella sua guerra).
Non nutro stima nel governo ucraino né nel suo presidente, sono prigionieri della stessa cultura nazionalistica di cui si nutre Putin e il governo russo. Non capisco poi questo insistere sulla figura di Putin come una sorta di deus ex machina causa di tutte le peggiori nefandezze. Se se ne andasse ne verrebbe uno peggiore; dietro di lui non ci sarà certo tutta la Russia ma un bel pezzo del paese certo lo sostiene (come una buona parte di tedeschi e italiani sostenevano Hitler e Mussolini).
Non so come si concluderà questa vicenda: i governi europei avrebbero potuto certo far meglio, ma così non è stato, e chi sta fuori dall’Europa in fondo ha solo da guadagnarci; noi comunque ne usciremo malconci e, comunque vada, i due contendenti non avranno certo di che bearsi.
Ma così vanno le cose nel mondo e la domanda manzoniana se esista la giustizia in questo mondo, domanda che Chieffo riprende nella sua canzone La guerra: “ A questo mondo non ci sarà dunque giustizia?”, resta purtroppo una domanda con una risposta generalmente negativa.
Il compito dei cristiani e della Chiesa, a prescindere dai loro limiti e difetti, resta veramente un compito arduo. Sono in questo caso d’accordo con te quando dici che “ È pertanto il caso di non aspettarsi un miracolo ma un cammino di cambiamento. Pregare e sperare cristianamente non è né un’uscita di sicurezza né una soluzione di comodo. È un autentico dramma! Davanti a questi nuovi venti di guerra abbiamo un impercettibile e flebile soffio di speranza, che Dio diventi un reale partner nel nostro destino…”. E poi, costruire quando e dove possibile luoghi di amicizia cristiana, in cui la logica del mondo, che è sempre violenta, non prevalga. Sappiamo che è un cammino lungo, forse senza speranza, ma altra via non vedo. E poi magari, finché ce lo lasciano fare, evitare di votare avventurieri o demagoghi.
Daniele P.
Pippo
Carissimo Daniele, antico compagno “d’arme” (sic), di quando lottavamo per l’agibilità politica a Balbi 4 e Balbi 6 (così chiamavamo i palazzi in cui erano situate le nostre aule universitarie nella facoltà di lettere e filosofia a Genova). Quando abbiamo cominciato ad esser presenti “come cristiani”-ricordi?- in università noi, il nostro sparuto gruppo di ciellini, “letteralmente schiacciati ” tra Lotta Comunista, Partito Comunista Italiano e frange extraparlamentari che cominciavano a teorizzare l’uso della violenza proletaria e il terrorismo contro la DC ( la colonna genovese della brigate rosse sorse proprio nella nostra facoltà!), noi- dicevo- ci muovevamo per un senso elementare di giustizia, nel senso che consideravamo l’istanza di giustizia come originaria e universale nonché parte integrante dell’istanza di liberazione inscritta nell’ontologia dell’essere umano e osservavamo che, mentre gli altri gruppi progressivamente la tradivano e la abbandonavano, optando, e così svuotandola, per l’analisi marxista classista e anticapitalista, noi all’opposto, seguendo Giussani ne facevamo il tratto distintivo e il nostro vanto per una presenza esplicitamente cristiana, con cui sbattevamo sul muso dei compagni il fatto che la sola giustizia è la fede, e che “Cristo presente” ci libera ORA, subito, ora, perché ci libera dal non senso qualsivoglia sia la contraddizione, morte o guerra (politica per lo più allora) del vivere che lo genera! Insomma dall’istanza di giustizia e di liberazione noi *NON ci spostavano sull’analisi classista o geopolitica* , come invece facevano i compagni. Io nn mi sono spostato neppure ora, come noi a metà degli anni ’70!! C’è un fatto che viene prima di ogni analisi sulla giustizia ed è l’istanza(!) che coincide con l’esistenza stessa dell’uomo! Non posso “di-menti-care, cioè togliermi dalla mente che nella guerra in ucraina il dolore della gente, il bisogno di giustizia, offeso umiliato e devastato delle donne e degli uomini ucraini, interroga il mio cuore e l’anima mia e mi fa essere là ora, con loro, sotto le bombe come è vero che oggi *Cristo crocifisso-* ha detto papa Francesco- *è in Ucraina* , nelle fosse comune e con i bambini uccisi!! Allora, caro Daniele, cosa significa quando tu scrivi “non posso riconoscermi nella tua valutazione storica iniziale e, pur senza negare le responsabilità russe, non posso non guardare alle gravi responsabilità della Nato e alle pesanti ingerenze americane, non certo disinteressate”. E grazie, caro amico, ché così mi fai capire, come nessun altro prima , che quando noi sembriamo esser omologati alla mentalità dominante(da Draghi al PD) sulla questione ucraina(su questo tu ti interrogavi) in realtà noi ne siamo agli antipodi! Mi spiego. Le strategie e le analisi geopolitiche non devono prevalere sul tener desto il destino e/o l’avere a cuore tutto l’uomo ucraino. Il papa non ha mai detto e nn lo dirà MAI agli ucraini “deponete le armi”! Il suo sarebbe pacifismo ideologico e non Spirito di pace… Sarebbe come dire ( qui i pacifisti si rivelano piccoli uomini ancorché nobili rispetto ai guerrafondai) che per un cristiano il valore umano in assoluto più grande sarebbe la vita. Per noi cristiani la vita non è tutto!!! Come già per la lotta sull’aborto: non difendiamo la vita per se stessa ma perché siamo conquistati dal Significato dell’esistenza. Ma con questo non siamo omologabili alla Lega, a Forza Italia o alla Meloni che pure sostengono la difesa della vita. Siamo distanti anni luce nella difesa della vita da loro e anche da tutto un mondo di Chiesa e di una parte della nostra CL piegata e piagata)ormai da un cristianesimo dell’etica. Altra cosa poi è la scelta di essere compagni di strada con quei partiti. Cosa incidentale, del tutto incidentale! Perché certo che c’è anche la *P* olitica ma questa va coniugata con le vere istanze! Che cinismo in tanti nostri amici della prima ora che vorrebbero farci credere che il loro sarebbe realismo! Anche allora c’erano la Nato e l’URSS ed erano macchine da macello! Noi…restavamo a livello umano, vivendo nel presente e non nell’utopia evocata dall’ analisi marxista (ieri) e degli analisti arroganti e presuntuosi OGGI. SPERO DI ESSERMI SPIEGATO. Per quanto riguarda le forze insufficienti degli ucraini e l’inevitabile mattanza a loro danno, il problema è certo la ricerca del negoziato ma visto l’impossibilità ad avviarlo, il mondo deve far vedere che c’è e deve sostenerli, come già nel passato ha fatto con la Polonia e gli stessi “poveri” studenti di Tien an men. E noi pure senza ipocrite equidistanze “intellettuali” o di analisi geopolitiche.
Pippo
Carissima Giuliana, so bene quanto articolata e approfondita è la tua conoscenza di Guardini, questo gigante della cultura del ‘900. So che ogni anno organizzi un viaggio sulle orme del grande filosofo italo tedesco. Ad uno d’essi venni anch’io e ne rimasi ammirato. Quindi quando tu parli del libricino di Guardini “Il potere” e del laboratorio politico che ne state facendo, immagino la ricchezza e la complessità delle considerazioni che ne farete saltar fuori. Aspettiamo su questa rubrica una tua eventuale comunicazione. La tentazione del potere che, come ricordi tu, Dio ha dato all’uomo e che si connette alla Genesi biblica, è da sempre contigua al delirio di onnipotenza. Tutte le volte che il potere è stato usato come puro dominio e non come servizio, si è rivelato un “mostro”! La natura del potere o è servizio o si snatura e decade pervertendosi. Lo vediamo oggi nella questione ambientale dove il comando biblico all’uomo di esser Signore e custode del creato è stato interpretato come padrone e sfruttatore. Lo vediamo nei diversi tipi di nazionalismo che credevamo di esserci lasciati alle spalle (pangermanesimo, panslavismo, panturchismo o turanismo, revanchismo ecc) come quello che domina in Russia col regime autocratico putiniano che addirittura si è spinto ad invadere un paese sovrano senza alcuna ragione “sufficiente”. Ci aspettiamo che in Ucraina il nazionalismo pur forte venga nel processo democratico che cmq si è avviato ( pur venendo dall’esperienza storica sovietica)ridimensionato sempre più, specie entrando nella UE. Così infatti accade in tutti gli stati membri dell’UE che pur contando frange neo naziste o fasciste o anche comuniste e massimaliste, comunque i relativi sistemi democratici riescono a contenere e arginare, senza doversi clonare in democrature!!
Giovanni Cotroneo
Caro amico, mi vergogno a dirlo, ma leggere per me è diventato difficile, perché mi serve il momento in cui mi lasciano (i bimbi, soprattutto i piccolini) in pace giusto il tempo di riflettere. Mia moglie è di origine Bielorussa, di una municipalità che si chiama Zelva che si trova in mezzo al nulla, oltrepassando dalla Polonia il confine dell’Europa e inoltrandosi in un altro mondo di circa 70 km. Sono andato personalmente lì diverse volte in macchina. La prima volta che ci sono stato davvero mi è sembrato di entrare in un altro mondo, in un altro periodo storico, in posti dove il tempo sembrava si fosse fermato. Girando quei luoghi in lungo e largo una delle cose che mi colpiva maggiormente era la fatica di comprendere quale fosse il cuore del centro abitato. Strano per i canoni di un occidentale perché neanche l’ombra di una piazza con davanti una chiesa, ma un imponente palazzo talvolta denominato “del popolo”, talvolta “della cultura”, altre volte ancora semplicemente il municipio, chiamato “bielli dom” (letteralmente “bianca casa”). Nessun simbolo religioso nel centro dello spazio pubblico, ma non per questo privo di simboli: al centro della piazza spesso maestose statue di Lenin; altre volte monumenti al milite ignoto; diverse altre volte ancora veri e propri cimeli di guerra (carri armati, aerei da combattimento, missili senza ordigni) per inneggiare la guerra patriottica di cui vanno fieri per averla vinta scacciando i nazisti. Parlando con la gente comune di questo, tanto grande e forte è ancora oggi il mito della “grande armata rossa”, con orgoglio ti dicono che hanno voluto fermarsi, ma che se solo avessero voluto, con qualche spinta e sacrificio in più, si sarebbero potuti spingere tranquillamente fino al Portogallo, tanto per rendere l’idea, estendendo il dominio della madre Russia da un’oceano (Pacifico) all’altro (Atlantico)
Ho letto con grande piacere e interesse il tuo articolo che condivido in pieno. È un vero e proprio invito alla conversione, quella vera intesa secondo l’accezione greca (metanoia) di cambiamento di mentalità. E qui casca l’asino o meglio è proprio qui che ci si accorge di quanto siamo molto lontani dalla meta, di quanto siamo impastati con la mentalità di questo mondo, di quanto siamo incoerenti e bisognosi di misericordia e redenzione. I primi giorni della guerra ero a casa in malattia. Li ho vissuti provando un immenso malessere che mi sono trascinato per giorni. Non credevo ai miei occhi, rimanevo incollato per ore al televisore, e più di una volta ho pianto perché mi sentivo incapace di comprendere a pieno e impotente di agire in qualsiasi modo. Di reazione ho iniziato a pregare di più e come quei poveri anziani che non escono più di casa (ne vado a trovare diversi tutte le domeniche per portare loro l’Eucaristia) ogni sera ho sentito la necessità di staccare la spina e collegarmi all’altro mondo, partecipando alla messa che trasmettono tutte le sere su tv2000 alle ore 19:00. Era diventato per me e la mia famiglia uno dei momenti più significativi dell’intera giornata. E questo non per cercare di estorcere all’Onnipotente, talvolta tramite Maria, un chissà quale intervento miracoloso per far cessare la guerra e tutti i mali del mondo, ma per vivere l’oggi con serenità e guardare ancora il domani con speranza in un’ottica di fede, la fiducia cioè che qualsiasi cosa succeda, siamo tutti “sulla stessa barca” e ci dobbiamo mettere con la testa e il cuore nelle mani di Dio.
Giovanni Cotroneo