La Zona estrema di Francesco Filia
«La poesia si compie nell’attesa alla frontiera» scriveva il filosofo e teologo Ladislaus Boros nel suo Mysterium mortis. Al limite, in una zona estrema di confine si trova anche la poesia di Francesco Filia che con Nella fine ci conduce in un territorio solcato da cieli incendiati ed esplosioni, da inverni minacciosi e paesaggi assiderati in cui «l’annuncio mite di un nuovo inizio / qualcosa ancora preme per nascere / da un antico silenzio». Come nelle sequenze cinematografiche di Stalker del russo Tarkovskij, si attraversa la “Zona” di questo libro lucido e tagliente con la sensazione di un pericolo imminente, in un estremo silenzio in cui il poeta registra con perizia chirurgica i minimi dettagli, i gesti essenziali: i vetri che vibrano «in controluce», le «lettere sulle pareti delle aule» che «tacciono e sbiadiscono», il gesso che «continua a stridere sull’ardesia», la «superficie scabra di un tronco tra le dune» e ancora «Ogni gesto, / il rigare minimo di un polpastrello nella polvere». Consapevole che ogni verso, come dichiarato nella nota in appendice al libro «deve avere in sé il proprio inizio e la propria fine» la scrittura di Filia si carica di un’essenzialità visionaria che a tratti può forse ricordare un certo De Angelis. Ecco qui la poesia di Filia, la sua “biografia sommaria”: questo saper rimanere immersi nel grande enigma della vita senza facili ideologie o illusioni, tra la «lastra del cielo» che pare incombere su di noi e un «sibilo» che nonostante tutto «attraversa le nostre vite e riapre / una ferita antica e sconosciuta»
(Massimiliano Mandorlo)
FRANCESCO FILIA, Nella fine (2019-2022), Pasturana (AL), 2023, pp. 60, € 15.
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