In viaggio verso Gerusalemme. Sequentia di palmiere di Sebastiano Burgaretta
In tempi così incerti e inquieti per il Medio oriente, e in particolare per tutta la Terrasanta, è utile rileggere un testo così folgorante e profondamente ispirato come il poemetto Sequentia di palmiere del siciliano Sebastiano Burgaretta (Avola 1946), poeta, saggista e studioso di tradizioni popolari siciliane con già all’attivo un’ampia bibliografia che spazia dal campo letterario a quello etnoantropologico, religioso e artistico. Con l’umiltà e la tensione conoscitiva del pellegrino – palmière nell’accezione dantesca dei pellegrini che si recano « oltre mare, là onde molte volte recano la palma» – Burgaretta si mette in viaggio verso la «luce viva» di Yerushalà im, madre di tutte le città , in una prodigiosa esplorazione di sé e del mondo in cui eternità e istante, profezia e attualità si incontrano in un flusso incandescente di lingue, citazioni, momenti e tappe diverse di un unico viaggio: «Relicario d’amore rebosante, / in volo con El Al alla matrice, / celebra il ritorno dell’amore / alla casa del portento nazareno. / Pañuelo muy sagrado de ternura / por lácrimas materne e fedeltà […]». Si tratta di un pellegrinaggio che insegue i segni vivi e presenti di un Hic le cui millenarie tracce vibrano ovunque nella terra di Palestina, come evidenzia fra’ Ugo Van Doorne nella sua prefazione al volume: «L’Hic delle iscrizioni pavimentali si iscrive ancora e sempre nella storia di tutti i giorni, di tutti i tempi, a tutte le latitudini del globo terrestre e dell’universo» (p. 21). Così il pellegrino Burgaretta, nel suo diario di viaggio impetuoso e visionario, si muove tra la nuvola d’Elia sul Carmelo e l’annuncio dell’Angelo a Mà ryam di Nazareth, verso il «Tabor del prodigio luminoso» e la Yerushalà im «d’oro, di bronzo e di luce», «arpa» di tutti i nostri possibili canti. Mosso dal vento dello spirito cammina verso il Cenacolo e veglia con Gesù nel buio del Getsemani, affidando all’intimità del suo siciliano la descrizione di quel momento di agonizzante solitudine: «Tremava alla prova la tua carne: «ttri-bboti façisti va e-bbeni / cchê picciotti ca t’à viutu puttatu, / ma solo sei rimasto nella notte; / non seppero vegliare qui con te».
Aveva visto bene Franco Loi quando, nelle sue storiche segnalazioni letterarie sul «Domenicale» de «Il Sole 24 Ore», parlando della poesia di Burgaretta scriveva: «All’astuzia dei potenti, degli accademici, dei ricchi, degli ideologhi, il poeta contrappone la sua attesa di una rivelazione del reale, la sua inermità , la sua complicità con gli uomini semplici, la sua attenzione all’ignoto in sé e fuori di sé» (domenica 24 ottobre 2004). Di rivelazione del reale e di ascolto del mistero profondo che abita in sé e fuori di sé è infatti tutta percorsa la poesia di Burgaretta che, dopo aver cantato la Resurrezione di Cristo con le parole della liturgia greco-ortodossa e di quella in lingua araba, scrive: «Il tempio dello Spirito siamo noi. / A te nel cuore una casa resterà / nel Sion vero e definitivo, / adorato tu in spirito e verità ». Al pellegrino tornato ora a casa non rimane che ritornare nell’hic quotidiano, spogliandosi di tutto ma ricevendo come dono quello dell’obbedienza, che equivale a una forma totale di ascolto: «Ora lascia, Signore, che il tuo servo / torni alla misura quotidiana. / Vibrare più di tanto non può più. / Inutili a te l’opere sue, / prendi, se puoi, l’obbedienza sola».
(Massimiliano Mandorlo)
Sebastiano Burgaretta, Sequentia di palmiere, Comiso, Archilibri, 2010, pp. 69, € 6.