Categoria: Mappe

Mappe #4

Sperare con gli occhi di Borges: Quando i diavoli si svegliano dèi di Jòn Kalman Stefànsson

Un piccolo appartamento di Reykjavìk può essere il centro del mondo, ovvero di un mondo contemporaneo che tanto assomiglia «all’anticamera dell’inferno» (p. 63) dove «non è più possibile / distinguere Dio da Satana» (p. 67)? Per Jòn Kalman Stefànsson, poeta e scrittore tra i più apprezzati del panorama islandese, stando alle poesie di Quando i diavoli si svegliano dèi, non ci sono dubbi. La tosse del vicino, la vista di un crinale di montagna, l’inquinamento globale, un naufragio sulle coste della Sicilia entrano nello spazio familiare del poeta, intento ad ascoltare un disco di Tom Waits con un buon bicchiere di whisky, e chiedono di essere accolti come una domanda ineludibile, urticante. Sembrerebbe che non rechino nessuna nuova sotto il sole islandese che, dalle nostre latitudini meridionali, immaginiamo splendente anche a mezzanotte. E invece, ascoltandoli con il perfetto dosaggio di amore e ironico disincanto di Stefànsson, ci ricordano che siamo esseri aggrappati alla speranza, e che «abbiamo davvero bisogno di fare affidamento su tutto / ciò che si innalza, che fende / il buio, che accoglie più luce, / e ci offre una prospettiva // perché la prospettiva / amplia la visione del mondo» (p. 29). La stessa visione del vecchio Borges, «morto nel buio che lo attendeva / forse con occhi nuovi» (p. 43), forse con la saggezza di un uomo che ha visto le ragioni della vita più forti di quelle della disperazione.

(Pietro Russo)

Jòn Kalman Stefànsson, Quando i diavoli si svegliano dèi, trad. it. Silvia Cosimini, Iperborea, Milano, 2023, pp. 160, € 17.

Mappe #3

Il vento imprevedibile di Rivali

Un vento continuo, un’aria impetuosa e imprevedibile attraversa le pagine del nuovo romanzo di Alessandro Rivali. È un vento di rivoluzione e di cambiamento, di promesse e speranze che scende ad accompagnare la vicenda della famiglia Moncalvi – specchio di quella dei Rivali e della loro avventurosa epopea – del piccolo Gutin scampato alla furia incendiaria della guerra di civile di Barcellona nel 1936 per imbarcarsi, profugo strappato ai giochi dell’infanzia, su un piroscafo diretto a Genova. Il mio nome nel vento è il romanzo a lungo inseguito da Rivali, i cui luminosi frammenti erano già visibili in tutta la precedente opera poetica dell’autore: ora esplorazione autobiografica di una dimensione familiare e feriale che allo stesso tempo si fa epica. Ascoltare il vento è attraversare il cristallo terso dei ricordi di un padre e di un figlio, perdersi nei vicoli inafferrabili della Superba o nella bellezza fiammeggiante di Barcellona, sprofondare negli abissi della Seconda guerra mondiale con la fede invincibile in un amore a lungo sofferto, perso e ritrovato. Cercare di scrivere Paradiso, come Pound, equivale per Rivali ad un’estrema e salutare forma di abbandono: «un uomo che aveva perso tutto e si spegneva senza speranza, e che un attimo prima di morire rubava il paradiso per aver incrociato lo sguardo del Cristo. Ecco, se potessi, vorrei terminare così i miei giorni. Sentire il mio nome pronunciato come una carezza. E poi potermi finalmente abbandonare nella luce e nel vento».

(Massimiliano Mandorlo)

Alessandro Rivali, Il mio nome nel vento. Storia della famiglia Moncalvi, Mondadori, Milano, 2023, pp. 259, € 18,50.

Mappe #2

Candiani, il bosco dove perdonare le parole

Al confine tra la storia e la metafisica, l’esperienza della natura è la soglia di un sentire religioso in cui l’incontro Io-Altro si manifesta con maggiore intensità. Ce lo ricorda – a noi tiepidi abitanti di città globali – Chandra Candiani con il suo Pane del bosco, nutrimento di una domanda insaziabile che, invece di una risposta, porta in dote la disposizione all’ascolto, «Il punto in cui si smette di cercare / e ci si dispone a essere trovati» (p. 130). Non per questo, però, il bosco è un luogo idilliaco: il conflitto (che è ben diverso dalla guerra umana) attraversa le stagioni naturali incidendosi sulla corteccia degli alberi e nelle orme degli animali, quindi dialogando con le inquietudini di un’umanità che ha smarrito il proprio posto nel mondo. «Vado al bosco per perdonare le parole» (p. 10), scrive Candiani, suggerendo la strada di un apprendistato al linguaggio che intende rinnovare i voti (traditi) di un antico patto. E infatti altrove si legge: «Ti hanno posato una parola in mano / non renderla rispettabile, spargila / non lasciarla bruciante in gola» (p. 49). Il rispetto della natura – genitivo soggettivo – non è la rispettabilità sociale perché niente è naturalmente dovuto, o ereditato una volta per sempre; il bosco non ci si pone mai davanti come il luogo dei fatti, piuttosto come lo spazio di un fare molto prossimo al poiein delle narrazioni umane.  

(Pietro Russo)

Chandra Candiani, Pane del bosco (2020-2023), Einaudi, Torino, 2023, pp. 152, € 12,50.

Mappe #1

Ardissino, poesia in forma di preghiera

Un’ampia e inedita ricognizione dei testi della tradizione letteraria italiana in forma di preghiera, argomento finora scarsamente indagato vista la «forte tendenza ideologizzante, storicamente motivata, della critica letteraria italiana» (pp. 17-18). Erminia Ardissino ricostruisce la forma della «poesia-preghiera» in un lungo e rigoroso percorso che dal Cantico delle creature conduce alla religiosità visionaria della scrittura della Merini. Si va dalle origini della nostra letteratura (oltre a Francesco lo sviluppo del genere della lauda e il laudario iacoponico, la preghiera come struttura fondante del poema dantesco, i salmi penitenziali di Petrarca e le loro possibili ascendenze francescane) attraverso la poesia rinascimentale, le riscritture dei salmi e del Pater noster, la poesia spirituale femminile nell’Italia della prima età moderna. Il “grande codice” biblico agisce in profondità sulle Rime sacre di Tasso così come sull’inquieta poesia barocca, sugli Inni sacri di Manzoni o sulla poesia satirica e dissacratoria di Porta e di Belli fino alla distorsione dei modelli sacri (Carducci, D’Annunzio) che avviano la poesia-preghiera verso soluzioni novecentesche. Nell’età della «morte di Dio» se l’opera di Ungaretti è tutta un «cammino di preghiera» alla ricerca della terra promessa, le preghiere desacralizzate di Caproni sono una domanda lanciata nel baratro dell’esistenza, la vita in versi di Giudici rivela un’«assoluta osmosi in veste laica tra la parola poetica e il Verbo».

(Massimiliano Mandorlo)

Erminia Ardissino, Poesia in forma di preghiera. Svelamenti dell’essere da Francesco d’Assisi ad Alda Merini, Roma, Carocci, 2023, pp. 486, € 49.

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