Daniele Mencarelli riprende nel suo ultimo libro Degli amanti non degli eroi questa antica antinomia in modo assolutamente originale, con due racconti poetici in cui si intrecciano amore, eroismo (finto) e perdono. Questo testo è ben diverso rispetto ai libri precedenti. Il breve commento è un invito alla lettura problematizzante dell’unità stilistica del libro e del tema sotteso dall’antinomia.
Eros e Thanatos
Eros e Thanatos è l’antica antinomia di due realtà legate indissolubilmente: già ben nota ai greci e sempre riproposta nella nostra letteratura occidentale da Romeo e Giulietta a Tristano e Isotta a Mr Pinkerton e Madama Butterfly. A questo sembra alludere il nuovo libro di Daniele Mencarelli, Degli amanti non degli eroi (Mondadori 2024), a cui mi accosto proseguendo il paragone del mio sentire con quello dell’autore, come già accaduto in passato (https://www.lineatempo.eu/author/mario-lo-pinto/), senza pretesa di cimentarmi in una vera e propria critica letteraria. Mencarelli tuttavia allude a questo tema unendo in un libro un poemetto e una composizione per così dire “epica”, ben distinti tra loro. Il senso del primo poemetto – Storia d’amore – è presto delineato nella nota conclusiva:
Se dovessi pensare a un corredo funebre, qualcosa da portare con me nell’aldilà, sceglierei questa storia in versi, semplice, adolescente, messa in scena per raccontare l’amore nella sua dismisura.
Insieme ad un’altra osservazione significativa:
Nessun uomo riesce a consegnare nelle mani del nulla ciò che ama veramente senza soffrirne, senza sentire il desiderio che quella vita finita su questa terra continui su altre rive.
Una bellezza incarnata
Di fronte a questa esposizione così chiara, vien da chiedersi cosa si aggiunga nell’esprimere gli stessi concetti in poesia, un mezzo espressivo a cui il lettore normale reputa difficile l’accostarsi. Anch’io, soprattutto nella mia giovinezza, non sono stato attirato dalla poesia perché avevo in casa un “poeta”, mio padre, che mi sembrava un po’ ridicolo; e poi perché le poesie moderne mi risultavano quasi sempre incomprensibili. Quelle invece che studiavo a scuola, quelle con la metrica ed il lessico difficile, una volta imparate non sono affatto complicate. Anzi la forma in cui sono scritte aiuta ad esprimere il pensiero di chi le ha scritte andando sempre al di là delle intenzioni di chi le ha scritte. Cioè l’arte – il mezzo e il risultato artistico – supera l’artista e per questo lo scritto fatto di idea e forma indissolubilmente unite prende vita propria e supera nell’espressione il semplice testo che contiene. Del resto questo accade anche per le canzoni fatte di testo in musica, mentre è meno facile che accada nella prosa. E il poemetto d’amore di Daniele Mencarelli è proprio una storia in versi in cui tutto ruota attorno ad una evidenza, l’idea della Bellezza incarnata:
a un’altra grandezza del vedere mi porti attraverso la mia casa, tutto grazie a te si fa bellezza [p. 24].
Vengono alla mente i poeti del Novecento che dicono le stesse cose – Donna, mistero senza fine bello di Gozzano – o addirittura Sant’Agostino: Tardi ti amai bellezza tanto antica e tanto nuova. Bellezza che alberga in un amore acerbo degli anni ‘80 che porta tutto il peso di quelle circostanze: delle droghe che hanno invaso la vita, della materialità che domina nei rapporti. Circostanze che non hanno la forza di snaturare quel rapporto che resta sempre segno di qualcosa di più grande. Il fine dell’amore, anche il più carnale, è solo quello di rimandare ad Altro:
tutto porta inciso il tuo nome [p. 27]
Amare Chi ti ha fatto viva è la tua bellezza che lo vuole se adorata nella sua cifra smisurata [p. 38].
L’eroismo del perdono
Stupisce che nel libro sia giustapposta a questo primo componimento un’altra composizione apparentemente del tutto scollegata: l’inedito poema Lux Hotel, anch’esso una storia in versi. La vicenda richiama anche nei nomi dei protagonisti l’epopea antica trasposta in un presente ipotetico dove quelli che son creduti eroi liberatori della patria si rivelano personaggi violenti e menzogneri che si scannano a vicenda per una partita di poker nella suite dell’albergo. Ma il bisogno di difendere le apparenze, la gloria umana di quei soldati che devono rimanere gli eroi che tutti credono, induce il concierge dell’albergo, sopraggiunto a cose fatte, ad addossarsi ogni colpa e suicidarsi. Anche il narratore, un semplice cameriere testimone della mattanza, tace e accetta questa soluzione, ricavandone anzi qualche beneficio. L’Autore intende
disinnescare nel cuore degli uomini il bisogno di un eroismo da imitare per avviarsi a una nuova forma di umanesimo […] per arrivare a festeggiare l’eroismo del perdono, della compassione, del coraggio che soccorre [p. 84].
Il narratore-cameriere, di fronte alla scena insanguinata e ai cadaveri dei soldati, teme sia giunta anche per lui l’ora del castigo per tutti gli anni in cui ha disertato la vita fatta di impegno e di pena e si rende conto di qualcosa:
mi accorgo d’aver la presunzione d’ogni altro uomo a questo mondo che ogni accadimento nasca da lui succeda per lui soltanto [p. 75].
I nostri atti ci seguono, diceva Paul Bourget, ma in qualche modo anche ci precedono formando il contesto e il contenuto della nostra esistenza di cui siamo responsabili di fronte a Dio e di fronte ai nostri fratelli uomini. Dunque amore e morte sono i protagonisti antinomici di questa opera che d’altra parte risulta stilisticamente molto compatta, alla ricerca di una modalità di espressione del tutto originale. Il verso infatti diventa quasi prosa per rendere le due storie sempre perfettamente intellegibili: una storia di amore e una storia di odio. Resta da chiedersi come l’ardore un poco sconsolato del primo poema riesca a rendersi alternativo al senso dell’orrido svolgersi della seconda vicenda. Riesca a dar senso al sacrificio del concierge, apparentemente assurdo ed esecrabile; riesca a sostenere il narratore «per arrivare a festeggiare l’eroismo del perdono».
Mencarelli qui mi sembra che intenda Amore e Morte non come coincidenti, come avviene per i greci e per tanti nostri autori, ma che l’uno debba tendere a superare l’altra. Anche l’amore fulgido ma inquieto e incostante dei nostri giorni deve prevalere sui bagliori di guerre sempre più incombenti dove gli atti di eroismo si confondono con quelli di viltà. Ricercare come questo possa accadere credo sia la prospettiva più adeguata per accostarsi a questo libro.
«Con gli occhi della prima volta»: il paese nascosto di Luca Nicoletti
C’è un paese nascosto nella poesia del romagnolo Luca Nicoletti, un paese – avverte Pontiggia nella prefazione – «non solo dell’anima, ma una comunità concreta». Colpisce, in questa poesia alla ricerca di luoghi veri e familiari, di una «piccola comunità» nel nostro tempo, lo sguardo estatico che si sofferma con stupore sugli elementi animali e naturali: lucertole, uccelli, il passaggio lento dei gabbiani, i rami e i bianchi petali del pruno, i monti «grandi e protettivi». Oppure la presenza «comprensiva» ed enigmatica al tempo stesso della luna, vista «con gli occhi / della prima volta». Lo sguardo del poeta, che ha in sé gli stessi paesaggi e istanti trattenuti dalle inquadrature fotografiche della madre Rosita Nicoletti – nota fotografa riccionese – sa cantare l’incanto struggente della Riviera anche nel suo lato nascosto e silenzioso, lontano dal chiasso estivo. Così attraversiamo la «Valconca divina, abissale», San Clemente e le «poche case» di Agello, quasi invisibili, le «pietre bianche / del Coriano Ridge War Cemetery» che sembrano disegnare fantastici arabeschi. E ancora la Riviera con gli alberghi ancora chiusi e «ogni luogo abbandonato», Zandonai «viale del tempo», l’esplodere delle gemme sui rami al Parco della Resistenza o, verso il confine, il castello «senza perdono» di Gradara, Bel-Sit a Gabicce Monte con la sua terrazza immersa «in quell’abbraccio di vento». Lontane dalle parole sicure e potenti dei «dittatori nelle vite degli altri», quelle della poesia di Nicoletti sembrano porsi umilmente in discussione e in dialogo, celebrando il continuo accadimento delle cose: «inquadra l’orizzonte, il cielo / decidi quanto / radici e nulla, celeste e confinato / nulla, respiro / che aspetta il nostro sguardo / i germogli, le foglie tenere / l’illusione che ci accende».
(Massimiliano Mandorlo)
LUCA NICOLETTI, Il paese nascosto, prefazione di Giancarlo Pontiggia, Ancona, Pequod, 2019, pp. 101, € 15.
LUCA NICOLETTI, Rappresentazione della luna, Pasturana (AL), Puntoacapo, 2023, pp. 92, € 15.
Un senso di profonda attesa e sospensione attraversa il nuovo libro del riminese Roberto Gabellini, che già aveva indagato il mistero della morte e del dolore con l’originale poema L’ultima marcia del tenente Péguy (Ares 2014): ci sono uomini che «camminano sospesi», ognuno è «in attesa e composto», anche la polvere è «sospesa» così come le parole sono «in sospeso». A questo senso di fragilità continua si affianca la percezione di un tempo che si consuma vertiginosamente, con un lavorio incessante che agisce sulle cose, sugli uomini e sui loro sentimenti: «svelto, un vento di sabbia», il soffio «sulla polvere che sei», «l’ombra ormai ferita» che «ha fretta, si consuma / cola lungo i muri», il «petto sfinito», la «memoria» che è «consumata»/ e il viso insieme» oppure che «sbiadisce dolorosa / tra i mazzetti di plastica sfiorita», un Dio che è «sfiancato dal tempo» così come la «pietà» che «sfiancata / lenta s’abbandona». In questa esplorazione autobiografia del dolore Gabellini si affida a un’alternanza continua di frammenti di voci (in corsivo nel testo), quasi un coro greco che accompagna con le sue meditazioni l’azione sulla scena o voce interiore del poeta che dialoga con le profondità del proprio io: «Specchio d’amore, dell’unico dolore, che hai provato il buio, a essere solo, essere niente, insegnaci a volere, esatto, il nostro stesso niente». «Venerare ogni cosa», ossia offrire un sentimento di profonda riverenza e sacro riconoscimento anche quando si tratta – come in questo inquieto e lacerato libro di Gabellini – di scendere nelle voragini più nascoste del dolore e della morte per cantare la forza rigeneratrice dell’amore: «la carne stessa senza voce aspetta / qualcuno, ancora, che non abbia paura, / un lampo che scavi lo sguardo, le offra / una carezza, solo, una canzone; / custodisca i sogni antichi, i volti senza nome, / i pochi amori che valga ricordare».
(Massimiliano Mandorlo)
ROBERTO GABELLINI, Era questo l’amore?, postfazione di Giancarlo Pontiggia, Bergamo, Moretti & Vitali, 2023, pp. 80, € 10.
Il fiato caldo della poesia: Niente di tiepido di Iole Toini
Recita un passo dell’Apocalisse (3, 16): «Poiché sei tiepido, né caldo né freddo, mi appresto a vomitarti dalla bocca». Una vita incosciente del proprio essere ancorata al sangue che fiotta nelle arterie e allo sfondamento della luce nella retina è, allora, un’esistenza votata al rigurgito del niente. «Più terrena di così non sarà mai, lo sa. La strada è quella giusta», scrive Iole Toini a inizio di Niente di tiepido (p. 7), mostrandoci un’apertura, un cretto, una strettoia nella roccia che il corpo-anima del lettore è chiamato a seguire. Con il metro alterno del verso e della prosa Toini ci alita addosso un fiato caldo di sapienza esperienziale («È vero quindi, si può toccare Dio e la sua altitudine», p. 8) che si nutre di una vocazione panica («Se tutto fossi di niente, mi leverei oltre il siero della luce a toccare il molto dei volti, l’ordigno che dà fuoco al canto», p. 19), declinata anche e non meno vigorosamente al mondo delle relazioni umane («Quando amo una persona, la persona entra nelle ossa. Il mio corpo cammina col suo corpo, la mia bocca diventa la sua bocca», p. 43). Niente di tiepido è un libro in stato di grazia, laddove questa grazia è data dalla tensione cristallina di una creaturalità che convive con il disfacimento della materia, con la violenza della putrefazione carnale e, al contempo, con conati inarrestabili di gratitudine e tenerezza verso ciò a cui lo sguardo si rivolge: «Il volto di un uomo affonda la terra. / Il corpo di un bimbo affonda l’uomo. / La terra sprofonda. / Tenerezza, oh, tenerezza» (p. 29). Se è vero che le doglie di quel parto infinito che è la creazione (S. Paolo) non negano la possibilità del non venire alla luce, allora chi si ritrova sotto il cielo ha il compito di non essere tiepido come un aborto di vita, ovvero di far esplodere la gola con un canto all’altezza di ciò che è consegnato all’esistere e poteva non esserlo.
(Pietro Russo)
IOLE TOINI, Niente di tiepido, Locorotondo, Pietre Vive Editore, 2023, pp. 54, € 10.
Saper tradurre il fuoco. L’Apocalisse nella traduzione di Giancarlo Pontiggia
Saper tradurre il fuoco, far deflagrare in versi quel libro «di fiamme e di orrori» che è l’Apocalisse di Giovanni. Ci è riuscito Giancarlo Pontiggia – finissimo interprete del mondo classico e tra i più autorevoli poeti contemporanei – in questa nuova traduzione poetica per De Piante editore, che si inserisce in un più vasto progetto di versioni bibliche affidate a poeti, narratori e pensatori contemporanei: «E i simulacri delle cavallette erano simili / a cavalli pronti a correre in guerra, e in testa / corone simili a oro, e facce / come facce di uomini, / e capelli / come capelli di donne / e denti / come denti di leoni, / e corazze come corazze di ferro». Pontiggia sa restituire la potenza enigmatica e vertiginosa del pensiero dell’apostolo esule a Patmos, ne fa riemergere l’ardore originario inciso nella grammatica e sintassi scheggiata di quella lingua. Anche un minimo “kai”, nelle sue infinite ripetizioni, è essenziale perché il libro più abissale e incendiario della Bibbia possa tornare a rifulgere, a scintillare ancora sui «devastati emblemi del mondo occidentale».
(Massimiliano Mandorlo)
Apocalisse, nella traduzione di Giancarlo Pontiggia, Milano, De Piante, 2023, pp. 94, € 18.
Storie e memorie. L’incessante sogno di mondi diversi
Una riflessione sul sogno come categoria portante della memoria storica: l’agire degli uomini è sempre impregnato di ideali che prefigurano nuovi modelli di socialità.
Andrea Caspani, già dirigente Scolastico, è direttore della rivista online «LineaTempo. Itinerari di storia, letteratura, filosofia e arte» e docente di Didattica della Storia all’Università Cattolica di Milano. Autore del libro Insegnare storia. Una prospettiva umanistica, EDUCatt, Milano 2023.
Fabrizio Foschi è docente formatore e saggista. Autore di Una storia dell’epoca moderna. Spazi, trame, personaggi alle radici del nostro presente, Rubettino Scuola, Soveria Mannelli 2023.
Giorgio Cavalli, insegnante e saggista, è redattore della rivista online «LineaTempo. Itinerari di storia, letteratura, filosofia e arte». Autore di Angelo Giuseppe Roncalli cappellano militare nella Grande Guerra, Gaspari Editore, Udine 2023.
Coordina Adele Mirabelli, coordinatrice culturale dell’Istituto Don Bosco Village School di Milano.
Con la semplicità del bambino: il Natale di Rebora
Il tuo Natale, curato magistralmente da Roberto Cicala e Valerio Rossi, raccoglie insieme brani in prosa (lettere, omelie, appunti per i ragazzi del collegio Rosmini) e poesie di Clemente Rebora in un arco di tempo molto ampio: dagli anni dei Frammenti lirici iniziati nel 1913 al 1955, due anni prima della sua morte. Tra i pregi di questo lavoro vi è quello di aver portato alla luce l’importanza per Rebora della memoria del Natale e dell’Epifania.
È indubbio che per Rebora il Natale coincide con la rivelazione di Dio che si fa uomo e ciò è comunicato attraverso diversi scritti. Con la semplicità del bambino o meglio dell’uomo puro egli arriva a comunicare l’essenzialità del suo rapporto intenso con Cristo vivo: «Intollerabil vivere del mondo / a stare bene senza l’Ognibene / Gesù dammi il tuo Natale / di fuoco interno all’umano gelo». E in una poesia che recupera da una antica tradizione popolare, entra in rapporto con la Sacra Famiglia, sottolineando gli aspetti più quotidiani ed immediati: «Maria lavava / Giuseppe stendeva, / Il bimbo piangeva / Dal freddo che aveva, / … Maria col velo / Copriva Gesù».
Il giorno dell’Epifania del 1930 scrive di celebrare il primo anno di vita nuova dopo 45 anni di esistenza, avendo nella memoria il suo itinerario spirituale culminato con la conversione avvenuta nel 1929.
L’Epifania è la manifestazione del mistero del Natale con il concorso dapprima dei pastori e poi dei Re Magi visti da Rebora come figure emblematiche di chi è disposto a cercare e conseguentemente vedere la risposta ad una costante ricerca interiore: «Ecco intanto dall’Oriente / Una stella luminosa! / … Fu veduta in quel confino / Dai Re Magi con stupore; / Disse ognun con lieto cuore: / Nato è certo il Re divino».
In questo atteggiamento di fondo dei Magi il poeta nato, guarda caso, il 6 gennaio 1885, si ritrova pienamente.
(Nino Barbieri)
Clemente Rebora, Il tuo Natale: lettere, poesie, pagine di diario e inediti, a cura di Roberto Cicala e Valerio Rossi, Novara, Interlinea, 2005, pp. 139, € 10.
La rivoluzione digitale incalza: la realtà del nostro presente è vivere in un rapporto simbiotico con le macchine.
LineaTempo n. 35, nel suo dossier dedicato a La rivoluzione digitale: innovazione tecnologica e potenziamento dell’umano, intende fornire riflessioni, percorsi ed esperienze che documentino come, prima di essere strumento, la tecnica e la tecnologia siano espressione di umanità, parte integrante dello straordinario potenziale creativo dell’uomo, e che perciò si può imparare a “nuotare” in questo nuovo mondo ibridato con l’IA, non rinunciando alla libertà e alla imprevedibilità del vivente, anzi utilizzando l’innovazione tecnologica per potenziare l’umano e trasformare in positivo il mondo..
Per i Percorsi culturali e didattici viene presentato, alle soglie del trecentesimo anniversario della nascita di Kant, un testo dedicato a La prospettiva kantiana di una ragione aperta.
Mentre la scuola italiana sta cercando di realizzare quella trasformazione massiva che “il PNRR ci chiede”, molti docenti temono che si stia confondendo digitalizzazione e innovazione.
D’altra parte, questo essere perplessi di fronte alle implicazioni del cambiamento non è una novità, se Platone (Fedro, 370 a.C) poteva scrivere, a proposito del passaggio dalla cultura orale a quella scritta, che
…produrrà dimenticanza nelle anime di chi impara, per mancanza di esercizio della memoria; proprio perché, fidandosi degli strumenti, ricorderanno le cose dell’esterno, da segni alieni, e non dall’interno, da sé. Dunque tu non offri verità agli allievi, ma una apparenza di sapienza; infatti grazie a te, divenuti informati di molte cose senza insegnamento, sembreranno degli eruditi pur essendo per lo più ignoranti; saranno in opinione di sapienza invece che sapienti.
Andare oltre il punto critico
Nel tentativo di comprendere meglio cosa sta succedendo, abbiamo ripreso in mano “Il Punto Critico”1, un libro in cui Malcom Gladwell analizza quei cambiamenti sociali, mode, ossessioni, idee, comportamenti dominanti che rimangono sottotraccia per un certo periodo e poi di colpo scoppiano. Il cambiamento avviene non gradualmente, ma in un momento dato, in cui tutto può cambiare di colpo.
Noi siamo portati a credere che i cambiamenti avvengano lentamente, in modo lineare, non -come invece succede- secondo una progressione geometrica, come un sottile foglio di carta che pieghiamo su se stesso più e più volte, e che al cinquantesimo piegamento arriverebbe a coprire la distanza Terra-Sole. “In quanto esseri umani, ci troviamo a disagio con questo genere di progressione, perché il risultato finale, l’effetto, sembra assolutamente sproporzionato rispetto alla causa.” Dobbiamo invece “abbandonare la visione della proporzionalità e prepararci alla possibilità che, a volte, i grandi cambiamenti derivino da eventi di poco conto, e che spesso queste trasformazioni possano verificarsi con grande rapidità”.
Non è, ci chiediamo, quello che vorremmo succedesse a noi? Sono trent’anni almeno che cerchiamo di realizzare una scuola attenta alla persona dello studente, e fin dall’inizio eravamo “saliti sulle spalle dei giganti”: avevamo studiato tutta la storia della docimologia, della didattica, della psicologia e delle neuroscienze, avevamo cercato di capire di più su come funziona “la mente del bambino”, avevamo approfondito come il rapporto con il sapere possa essere modificato dall’utilizzo dei nuovi strumenti digitali, avevamo fatto ricercazione secondo i più quotati canoni.
Con lentezza, in progressione lineare, è aumentato il numero di quelli che realizzano una didattica alternativa, un modo diverso di far crescere gli studenti. Ma tutti ci stiamo chiedendo se riusciremo -e come- a cambiare completamente il ritmo, a creare una specie di catastrofe costruttiva. Secondo Gladwell questo è possibile, dicevamo, solo arrivando al punto critico.
Il suo libro “ci insegna (…) a innescare epidemie positive, a trovare il punto d’appoggio e la leva per trasformare il mondo”. Programma molto ambizioso!
A noi basterebbe già, più semplicemente, trarre suggerimenti per stabilizzare qualche piccolo elemento di miglioramento. Del resto, anche il suo sottotitolo recita “I grandi effetti dei piccoli cambiamenti “
Gladwell sostiene che quando una situazione “arriva al Punto Critico e il suo equilibrio viene sconvolto, ciò accade per qualche motivo particolare. Un determinato cambiamento si deve essere verificato in uno, forse due o persino tutti e tre i fattori” :
la legge dei pochi
il fattore presa
il potere del contesto
che riguardano rispettivamente le persone che trasmettono il cambiamento, l’agente stesso del cambiamento e l’ambiente in cui il cambiamento avviene.
La legge dei pochi
Nella scuola brillano alcuni docenti innovatori, i pochi disponibili a impegnarsi in modo massiccio, a investire una grande quantità di tempo per creare progetti di forte rottura col passato.
Ma la maggior parte dei docenti, in fondo in fondo, è convinto che il proprio modo di insegnare, pur se non innovativo, dia risultati buoni. Non ha nessuna intenzione di buttare via tutto quello che ha fatto, né di investire la grande quantità di ore che serve, ad esempio, per editare siti strutturati, presentazioni importanti… Avete presente quante ore partono, tanto per dire, per preparare anche solo un piccolo pezzo teatrale, o semplicemente una recita di Natale?
Se allora provassimo a proporre ad un nuovo piccolo gruppo di colleghi un lavoro diverso, fatto di episodi, di lavori brevi ma coordinati sinergicamente all’interno del Consiglio di Classe? Di unità che non sconvolgono la programmazione generale, ma sviluppano una singola capacità, applicabile immediatamente anche in episodi gestiti da docenti di altra materia? Se “abbiamo sempre fatto così”, invece che essere considerato il segno del più totale disimpegno, fosse considerato un punto di partenza?
Il Fattore Presa
”La regola del Fattore Presa afferma che ci sono modi semplici per rendere memorabile un messaggio contagioso: esistono cambiamenti relativamente semplici, nella presentazione e nella strutturazione dell’informazione, che possono fare una grande differenza ai fini dell’impatto che essa riesce ad avere”.
Se allora provassimo a creare dei “prodotti pronti” che il docente può utilizzare? potrebbero essere un fattore di attrazione? certo, la “cucina a tre stelle” delle avanguardie educative è ben’altra cosa, ma anche le buste di risotto pronto, alcune volte, vengono bene.
Il contesto
“ La regola del contesto sostiene che gli esseri umani sono molto più sensibili all’ambiente in cui vivono di quanto potrebbe sembrare”.
Questo è incoraggiante, se solo New Gen Classroom vuole rinnovare il 50% delle aule. Ma se, come qualcuno ha valutato, i docenti innovatori sono 1 su 6, cosa ne faremo di tutte queste aule innovative?
Se invece “ambiente” non va solo inteso in senso di “locali”, sono gli “ambienti di apprendimento” che dobbiamo rinnovare. E un ambiente che ti accolga, come docente, per quello che sei, senza chiederti di cambiare, ma proponendoti comunque piccole esperienze significative, non potrebbe interessarci?
Da un anno stiamo provando a lavorare su questo, cercando di vedere se si arriva a quel punto critico che finora le stupende sperimentazioni non sono riuscite a raggiungere.
L’innovazione sottile
C’è un’altra idea che sta guadagnando crescente popolarità e sta diventando sempre più importante per molte aziende e organizzazioni che cercano di migliorare continuamente i loro prodotti e servizi in modo efficace ed efficiente: l’innovazione sottile.
Abbiamo provato a chiedere a Google cosa si intende per “innovazione sottile”, ma nel suo mondo questo concetto non c’è: conosce “il fascino sottile dell’innovazione”, o “l’innovazione di rendere più sottile una lamina”, ma non riconosce quanto gli proponiamo. Cosa che invece è ottimamente in grado di fare Chat GPT, un altro degli strumenti che sta aprendo possibilità interessanti di sperimentazione, che identifica come “innovazione sottile” quelle modifiche che hanno
un impatto significativo sulle prestazioni e sulla qualità dei prodotti, ma che sono relativamente piccole e possono essere facilmente trascurate. Queste innovazioni possono consistere in piccoli miglioramenti nella progettazione, nei materiali o nella produzione di un prodotto, ma possono avere un impatto significativo sulla sua funzionalità, durata o semplicità d’uso.
L’innovazione sottile può essere particolarmente importante per le aziende che cercano di mantenere un vantaggio competitivo e migliorare continuamente i loro prodotti senza effettuare grandi cambiamenti. Questo tipo di innovazione può anche aiutare a risolvere problemi specifici e ad aumentare la qualità della vita dei consumatori.
In relazione alla scuola, l’innovazione sottile può fare riferimento a piccole ma significative modifiche al modo in cui la scuola è gestita o al modo in cui gli insegnanti insegnano. Ad esempio, questo potrebbe includere la creazione di un ambiente di apprendimento più accogliente e inclusivo, l’utilizzo di nuove tecnologie per rendere l’apprendimento più interattivo ed emozionante, o la revisione dei metodi di valutazione per renderli più equi e obiettivi.
L’innovazione sottile in questo contesto potrebbe anche essere incentrata sul miglioramento delle competenze degli insegnanti, ad esempio attraverso la formazione continua o l’offerta di supporto per aiutare gli insegnanti a lavorare in modo più efficace con studenti con diverse esigenze.
In sintesi, l’innovazione sottile può aiutare a migliorare l’esperienza di apprendimento degli studenti e a garantire che la scuola sia in grado di soddisfare al meglio le esigenze dei suoi studenti e della società in continua evoluzione
Questa proposta potrebbe, credo, collegarsi con il discorso di Andare oltre il punto critico. Perchè “il fattore presa”, il messaggio contagioso, potrebbe essere il progetto di introdurre esperienze che diano maggiore soddisfazione sia ai docenti che agli studenti, senza buttare via il grande patrimonio culturale e didattico che la scuola, in particolare quella italiana, ha sviluppato nei secoli.
Devono essere variazioni piccole, “quasi statiche” le chiamerebbero i fisici. Come quelle attraverso cui una gemma diventa fiore: posizioni che differiscono pochissimo da quella precedente e da quella successiva, ma che realizzano un grande cambiamento. Come la sabbia, da mettere nel contenitore dell’innovazione perché i sassi grossi dei progetti importanti non possono né riempirlo completamente né trovare, da soli, una loro stabilità.
Devono essere variazioni che impegnino il docente per tempi brevi, sia nel momento in cui lui stesso si forma, sia quando deve preparare la mediazione didattica che userà in classe, sia quando applica l’innovazione insieme ai suoi studenti.
Abbiamo avviato piccole sperimentazioni, dandoci queste regole:
il formatore può spiegare in massimo 30 minuti;
il docente può essere pronto ad applicare in 20 minuti;
crea sinergie tra i docenti del Consiglio di classe;
non richiede modifica del resto della programmazione del docente.
Sono state sperimentate modificazioni
del modo in cui il contenuto intellettuale è proposto e richiesto, ad esempio il Metodo dello Schema Progressivo,
dell’organizzazione del lavoro in classe, ad esempio gli Episodi di Apprendimento Situato,
del tipo di attività che si propongono, ad esempio introducendo sistematicamente attività di riflessione metacognitiva,
degli strumenti che il docente fa utilizzare, ad esempio l’Intelligenza Artificiale.
I laboratori e i corsi di formazione svolti in questo anno hanno dato risultati interessanti, di cui tracciamo qui una prima presentazione.
Molto graditi eventuali commenti e materiali da aggiungere a quelli qui descritti.
Il Metodo dello Schema Progressivo
Particolarmente promettente sembra essere la sperimentazione sul Metodo dello Schema Progressivo (MSP), un utilizzo non convenzionale del foglio di calcolo, per percorrere insieme al discente tutto il cammino dalla molteplicità del reale alla essenzialità dello schema e viceversa.
La costruzione condivisa dello schema
Un primo approccio al MSP può realizzarsi organizzandosi in modo che i corsisti abbiano a priori letto un determinato testo e chiedendo cosa ricordano, senza il testo davanti. Le loro affermazioni sono man mano scritte su un foglio di calcolo, ad esempio Fogli Google, che viene proiettato. Righe e colonne sono usate per evidenziare la gerarchizzazione, semplicemente come fosse un foglio cartaceo a quadretti.
Ad esempio, è stato assegnato il racconto breve “Chissà come si divertivano” di Asimov2 e lo schema nato “in diretta”3 ha evidenziato il confronto tra il presente dello scrittore, anno 1954 quindi per noi passato, con il presente della protagonista, 2157 quindi per noi futuro. Futuro non troppo remoto, perchè molti degli aspetti presentati da Asimov come fantascienza sono oggi realtà, a cominciare dalle parole che si muovono su uno schermo, invece che “le pagine, che erano gialle e fruscianti” con “parole che se ne stavano ferme”.
Ai corsisti è stato subito chiaro che questo modo di procedere potrebbe facilmente essere utilizzato in classe, ad esempio alla fine di un periodo di spiegazione, per tirare le somme relativamente a cosa è rimasto nella mente dei ragazzi, prima senza ausili e poi consentendo di guardare libri e appunti. Si produrrebbe così uno schema che costituirebbe una pietra miliare, un punto fermo su cui costruire, comodo da riaprire quando servisse. E hanno iniziato, semplicemente, a sperimentarlo, incontrando una reazione decisamente positiva della classe, attirata dalla possibilità di cooperare in modo semplice, verificare contemporaneamente conoscenze e comprensione, creare qualcosa che rimane:
Dal testo allo schema
È il lavoro che chiunque compie quando deve preparare uno schema, ma il vantaggio della tecnologia ormai disponibile in tutte le scuole è che, partendo dalla proiezione di un testo sulla lavagna interattiva, possiamo oggi fare vivere in diretta le operazioni di distillazione, eliminazione di tutte le parti discorsive per arrivare ad uno schema che contenga solo l’essenziale. Nella pillola-video viene mostrato il lavoro su una parte di questo stesso articolo.
Dallo schema al discorso fluente
Il terzo “movimento” prevede invece la creazione di un discorso articolato e complesso, partendo da uno schema contenente solo parole chiave, precedentemente preparato.
Una particolare funzionalità del foglio di calcolo permette di raggruppare righe o colonne, nasconderle e poi aprirle con un semplice click. Ad esempio, una lezione di Storia della Fisica, preventivamente preparata dal docente, potrebbe iniziare dalla videata
Nelle pillole-video sono descritti tutti i passaggi.
Quanto scritto costituisce solo l’ossatura di un discorso che il docente svolge nel modo più fluente e armonioso possibile. Lo studente lo segue sullo schermo e quindi ha la percezione di ciò che il docente ritiene fondamentale.
È semplice stampare lo schema e distribuirlo: durante l’esposizione, perchè gli studenti possano aggiungere appunti, o alla fine, perchè gli studenti abbiano una chiara traccia di cosa studiare, o alla lezione successiva, per riprendere i concetti base. Lo schema può anche essere utilizzato nelle verifiche, per ridurre l’impegno mentale di tipo mnemonico e liberare energie per funzioni mentali superiori, quali l’uso di un linguaggio più raffinato e la capacità di fare confronti e collegamenti.
Le sperimentazioni attuate5 concordano sul fatto che MSP favorisce la gestione attiva e partecipata della lezione e consente di sviluppare alcune abilità trasversali, attraverso un lavoro “metadisciplinare” che indirizza lo studente ad un corretto atteggiamento di ascolto e quindi ad uno studio più proficuo e gratificante.
Il metodo consente inoltre
una diversificazione della fase di verifica,
una rivoluzione delle attività di recupero e sostegno
una rivisitazione del lavoro personale di rielaborazione.
La nostra aria
Un’altra piccola sperimentazione interessante è stata l’utilizzo degli EAS, ad esempio in un percorso di educazione civica legata al monitoraggio dell’aria indoor attraverso il sensore Fybra, per aiutare docenti e studenti ad approcciare in modo graduale e costruttivo la piattaforma che raccoglie i dati della loro scuola. Al termine lo studente dovrebbe aver acquisito non solo un metodo per confrontarsi con un qualsiasi grafico, indipendentemente dal contesto in cui viene proposto, ma anche la capacità di utilizzare i dati per fare deduzioni scientificamente fondate.
Il percorso consiste di 4 Episodi di Apprendimento “base” e di svariati EAS opzionali, per coinvolgere tutto il Consiglio di Classe ( matematica , informatica, diritto, economia, scienze, educazione fisica, italiano, storia, inglese, francese…)6.
La riflessione metacognitiva
Un altro gruppo di lavoro ha trovato particolarmente interessante l’uso dei questionari Moduli Google, da proporre agli studenti come riflessione sul proprio modo di ascoltare e imparare. Ne è nata un’ altra sperimentazione molto promettente7.
Le Intelligenze Artificiali
Tutti i gruppi hanno dovuto confrontarsi con il problema I.A.
La prima innovazione è stata comprendere che la Intelligenza Artificiale, quella con l’articolo determinativo e le maiuscole, non esiste.
Quella che decide se concederti o meno il mutuo che hai richiesto è una intelligenza artificiale (articolo indeterminativo e minuscola), quella che può prendere un tuo video e farti dire cose che non hai mai neppure pensato è una i.a. …. ma si tratta di singole “macchine”, costruite solo per quello scopo determinato, in grado di compiere singole azioni specifiche. Non sono nulla di simile all’intelligenza umana, dove le diverse intelligenze -Gardner docet- si armonizzano in un tutto unico.
Potremmo allora abituarci ad usare il plurale: le Intelligenze Artificiali8 possono aiutare sia il docente che lo studente, ma non dobbiamo pensarle come un unico ente “soprannaturale” che pervade ogni ambiente e sarà in grado di fare qualsiasi cosa. L’uso del plurale o del singolare, di un articolo o di un altro, è un sottile messaggio che il docente può diffondere.
Innovazione è anche l’uso di alcuni strumenti specifici che siano in grado di alleggerire il lavoro. Oltre alla generazione di testi (che, abbiamo visto nella prima parte di questo articolo, ci ha aiutato ad esempio ad approfondire il concetto stesso di “innovazione sottile” ), a Chat GPT possono essere chiesti revisione di testi, schematizzazioni, rielaborazioni. Durante la redazione di questo articolo ad esempio, le revisioni che gli abbiamo chiesto ci hanno permesso di limare alcune asperità, di evidenziare punti che erano non comprensibili a lui e che quindi meritavano comunque di essere riformulati. È anche possibile chiedergli di creare poesie o barzellette. ( Altri approfondimenti nella videopillola)
Gli abbiamo chiesto anche di proporre 10 titoli:
“Innovazione Sottile nella Scuola: Andare Oltre il Punto Critico”
“Riflessioni sulla Trasformazione Digitale nella Scuola Italiana”
“Dal Punto Critico all’Innovazione Sottile: Riconsiderare la Didattica”
“Il Cammino Verso un Cambiamento Significativo nella Scuola”
“Sfide e Opportunità: Digitalizzazione vs. Innovazione nella Scuola”
“Il Punto Critico nell’Educazione: Sopravvivere alla Trasformazione”
“Piccoli Passi, Grandi Cambiamenti: Innovazione Sottile nella Didattica”
“Gli Ostacoli della Trasformazione: Riflessioni sulla Scuola Italiana”
“Dall’Apparenza di Sapienza all’Innovazione Sottile: Un Nuovo Approccio Educativo”
“Verso un Futuro Educativo Sostenibile: L’Importanza dell’Innovazione Sottile”
Anche i creatori di immagini possono offrire un valido aiuto, rispetto alla ricerca tra quelle già presenti in rete. Ad esempio, per avere qualcosa che rappresentasse questo articolo, abbiamo provato con Scribble partendo da uno scarabocchio fatto con il mouse e poi con Image Creator di Microsoft Bing inserendo “contenitore trasparente con sabbia e sassi, stile VanGogh” ottenendo l’immagine di Fig.1
Un altro esempio: ad un congresso accennano ad una certa barzelletta relativa a tre pesciolini: Il docente, che vorrebbe citarla in una lezione che sta preparando, esegue una ricerca di informazioni e di immagini. Nella videopillola i dettagli .
Può essere molto utile anche Algor Education, che sa creare mappe concettuali e riassunti in automatico a partire da qualsiasi documento. La mappa è editabile, quindi può essere modificata dopo una supervisione umana, e stampabile. Di nuovo, il risparmio di tempo può essere significativo.
Un ulteriore livello di innovazione sottile potrebbe essere quello di partecipare alla raccolta degli errori delle varie “macchine”, sia per capirne i limiti, sia per abituarsi -e abituare gli studenti- al confronto tra i “processi mentali” umani e quelli artificiali. Ad esempio, nessuna intelligenza umana avrebbe inserito, come invece ha fatto il classificatore di immagini di Google, la foto di queste tavolette in terracotta nella raccolta “Che delizia!” insieme a torte e biscotti.
Una scelta ”contagiosa”
Qualsiasi sia l’elemento di innovazione sottile che si decide di sperimentare, l’ideale sarebbe creare una sinergia all’interno del Consiglio di Classe, avviando un lavoro di riflessione su quali competenze coltivare/valorizzare, per scegliere un punto di convergenza nella molteplicità delle materie e dei metodi, e quindi anche un argomento specifico su cui confrontarsi tra colleghi, facendo tesoro delle esperienze altrui. Un messaggio univoco, indirizzato alla classe dal corpo docente come tale, ha maggiore probabilità di essere recepito, con un reciproco potenziamento, un risparmio di scala, perchè quando i ragazzi hanno capito un metodo in una materia, possono poi facilmente applicarlo in altre.
Sarebbe anche un modo per misurare l’innovazione in modo sistematico.
Conclusioni
L’uso “non convenzionale” delle Nuove Tecnologie ha permesso di:
presentarle come un mezzo per lavorare meglio all’interno della normale attività di apprendimento, scolastica e domestica, e non come un fine (il che ha avvicinato ad esse anche alcuni tra i più refrattari, sia docenti che studenti),
realizzare un corretto rapporto mente-medium, dove gli strumenti informatici sono usati con la stessa indifferenza con cui si usa una biro e tutta l’attenzione si concentra sui testi e sulle operazioni mentali che si stanno facendo,
attuare esperienze di continuità verticale, in quanto i materiali prodotti restano come patrimonio concreto dell’alunno, che può continuare anche autonomamente a migliorarli, e di continuità orizzontale, in quanto le abilità sviluppate per una materia possono essere utilizzate nelle altre.
Infine desidero rivolgere un grazie particolare al Prof. Mazzeo. Rilevante è apparsa la sua puntualizzazione, fatta in relazione al MSP ma applicabile a tutta l’innovazione sottile, che si tratta contemporaneamente di una tecnica, cioè un insieme di procedure standardizzate la cui esecuzione corretta comporta un esito certo, e di un metodo, cioè una strada, un percorso che docente e alunni fanno insieme, in cui
l’esito, come in ogni avventura che si rispetti, non è garantito. Non garantito non significa non valido scientificamente, o precario nelle basi e nelle strumentazioni, o pressappochista negli obiettivi, o incerto nelle ragioni, o tutte queste cose insieme. Vuol dire che, essendo i protagonisti della situazione didattica dei soggetti liberi, tutto è possibile e l’imprevisto può presentarsi come l’unica soluzione praticabile.
Malcom Gladwell, Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti, BUR Saggi, 2017 ↩︎
La primissima sperimentazione è stata realizzata con il Progetto PROGRESSIV@MENTE, finanziato dalla CRT del Piemonte, inserito tra le “migliori pratiche della scuola italiana” di GOLD-INDIRE nel 2004, per cui vedi qui.↩︎
«Il millennio / lasciato per un’epoca diversa». Su L’amore e tutto il resto di Andrea Temporelli
Sul filo vertiginoso del pensiero, tra slittamenti e infiniti nascondimenti si muove la poesia di Andrea Temporelli – tra i fondatori della storica rivista letteraria militante «Atelier» – inseguendo una «chimica grammaticale» fatta di nomi personali, «segni» e «solchi» incisi in un vissuto carico di smarrimenti, preghiere, passioni, battaglie e scontri frontali con la storia. L’amore e tutto il resto, «costellazione provvisoria» di tutta la produzione poetica di Temporelli – alias Marco Merlin – ci conduce in una vasta e appassionata esplorazione di sé e del mondo, lì dove è ancora forse possibile «fare paradiso / di questa terra marcia». Quando l’energia vulcanica dell’intelletto sa sciogliersi in luziana naturalezza anche l’amore inseguito a lungo in queste pagine può farsi finalmente limpido: «Tu sei gli anni più belli della vita, / gioventù che non torna, / e l’amore, l’amore senza fiato. / Tu sei slancio e ferita / Presto sarai la piega delle labbra, / il solco accanto agli occhi e l’alta fronte. / Il tuo regno è di sale che corrode. / Sei la perdita in cui avanzo, il millennio / lasciato per un’epoca diversa. / Sei il proiettile puntato alle spalle / che non esplode».
(Massimiliano Mandorlo)
Andrea Temporelli, L’amore e tutto il resto, Novara, Interlinea, 2023, pp. 127, € 14.