Nella pagina ufficiale Facebook di Mario Calabresi e nel suo Blog “Altrestorie” una bella intervista al soldato Nikita e a sua moglie, che ci restituisce la vita quotidiana di una giovane famiglia ucraina travolta dalla guerra.
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La rivista «Russian Oppositional Arts Review» (Bollettino della cultura russofona d’opposizione), nata il 24 aprile 2022 per dare spazio agli scrittori contro la guerra, è stata bloccata dalla procura russa il 15 luglio. Valerij Panjuškin vi proponeva questa breve riflessione, ben oltre l’ideologia e la politica.
Lucia, studentessa di terza liceo delle Scienze Umane dell’Istituto “Cobianchi” di Verbania, intervista Leonid, suo compagno di scuola ucraino. L’intervista è stata svolta all’interno di un progetto di educazione interculturale diretto dal prof. Vincenzo Rizzo, che cortesemente ci ha inviato il testo.
Mercoledì 4 maggio. Nella Biblioteca dell’Istituto Cobianchi di Verbania, ho incontrato Leonid, un ragazzo di origini ucraine, che è stato disponibile a collaborare con me allo scopo di scoprire e approfondire la struttura sociale, le storie e le tradizioni del suo paese d’origine e le differenze culturali tra l’Italia e l’Ucraina. Ci siamo seduti ad un tavolo in tranquillità e ho subito rotto il ghiaccio, chiedendo il suo nome e la sua storia:
“Mi chiamo Leonid, ho 15 anni e vengo dall’Ucraina, anche se vivo qui in Italia da quasi 7 anni. Frequento l’indirizzo informatico qui al Cobianchi e mi piace abbastanza studiare”.
Ho approfittato di questo inizio per chiedergli: “Siccome hai avuto la fortuna di osservare da vicino sia la cultura ucraina che quella italiana, secondo te quali sono le differenze principali tra questi due popoli?”.
“Per molti versi ci assomigliamo, ma ci sono comunque molte differenze: per esempio credo che gli ucraini siano sempre stati molto uniti tra di loro e con un forte senso di appartenenza alla società. Questo si può notare molto bene durante le festività, soprattutto quelle religiose: a Natale gli italiani si trovano a festeggiare con la propria famiglia e i cari più stretti, mentre in Ucraina i festeggiamenti avvengono anche con sei o sette famiglie numerose e unite”.
E qui la domanda mi è sorta spontanea: “E cosa mangiate durante queste feste?”.
“Molti cibi tradizionali, tra cui zuppe di cavoli e barbabietole e moltissimi piatti di carne speziata”. Si è fermato un attimo, pensieroso, e poi ha aggiunto: “Sai, pensare al cibo mi ha fatto ricordare un’altra differenza tra gli Italiani e gli Ucraini: voi siete inflessibili per quanto riguarda la tradizione, soprattutto se si parla dell’ambito culinario; guai se qualcuno cambia un ingrediente ad un vostro piatto tradizionale! A noi invece piace cambiare e provare cose nuove”.
A questo punto mi sono trovata sempre più incuriosita su cosa ne pensasse di noi Italiani e gli ho chiesto di elencarmi le cose che preferisce dell’Italia e dell’Ucraina:
“Dell’Italia apprezzo più di tutto i paesaggi, che sono vari ma sempre bellissimi, il cibo e il calore delle persone; dell’Ucraina invece adoravo il clima di spensieratezza della vita nelle campagne che c’era prima dell’invasione russa. Nessuno era ricco, ma tutti erano felici di quello che avevano e lavoravano volentieri per ottenerlo. Sembrava di vivere in un romanzo. Spero tanto che si riuscirà a tornare a vivere in quel modo”.
“Bene, abbiamo parlato dei lati positivi delle nostre culture, quali pensi che siano invece i punti critici di questi due popoli?”
Lui mi ha risposto subito, senza pensarci: “Gli Ucraini hanno una mentalità che, – anche se secondo me è positiva -, li sta danneggiando molto in questo periodo: sono abituati a lavorare molto duramente per ottenere qualcosa, e sono estremamente poco inclini ad accettare favori e aiuti di ogni tipo. Accettare un aiuto senza dare immediatamente qualcosa in cambio è visto come qualcosa di sconveniente, umiliante e addirittura maleducato. L’Italia invece ha il problema opposto, penso che gli italiani rinuncino troppo facilmente ai propri doveri e responsabilità, sia per quanto riguarda i doveri morali che il lavoro fisico. Per esempio qui ci sono moltissime persone che si dichiarano cristiane cattoliche ma non praticano, e questo per me è un controsenso: in Ucraina è rarissimo trovare una persona credente che non partecipa alle funzioni e alle varie ricorrenze religiose. Inoltre penso che purtroppo in Italia ci sia un po’ di razzismo”.
“A proposito di razzismo, come ti trovi qui a scuola?”
“Mi trovo in una classe un po’ problematica in generale, ma a differenza dell’anno scorso, grazie anche all’intervento dei professori, quest’anno non c’è stato nessun episodio spiacevole”.
Allora d’istinto gli ho chiesto: “A proposito di professori, cosa ne pensi degli insegnanti italiani rispetto a quelli ucraini?”
“Preferisco di gran lunga i professori italiani: in Ucraina gli insegnanti sono molto competenti e forse le lezioni sono più sostanziose; ma apprezzo moltissimo il fatto che qui ci siano parecchi professori che sanno come aiutarci e si mettono nei nostri panni, e a volte ci aiutano addirittura a risolvere i nostri problemi personali! Diventano un vero e proprio punto di riferimento, per lo meno per la mia esperienza, e apprezzo moltissimo tutto ciò”.
Questa è stata la sua ultima risposta, dopodiché ci siamo salutati e ognuno è andato per la sua strada, contento di ciò che aveva scoperto e imparato. Personalmente mi considero arricchita da questa esperienza e mi è piaciuto molto confrontarmi con Leonid rispetto alle nostre differenze culturali. Sono sicura che questa intervista sia stata utile ad entrambi, in quanto abbiamo imparato a ragionare secondo un altro punto di vista che, sebbene non sia completamente diverso dal nostro, ha le sue caratteristiche uniche.
Lucia Lori, 3°A LES, IIS “Cobianchi”, Verbania
Elena Beljakova è russa. Docente all’Università statale di Mosca e membro dell’Istituto di Storia russa dell’Accademia delle scienze, a tre mesi dall’invasione russa dell’Ucraina racconta in una lunga intervista i mutamenti nella società russa prima e dopo il 24 febbraio 2022: la progressiva restrizione delle libertà, la commistione tra fede e politica, l’angoscia delle madri russe che non sanno nulla del destino dei loro figli e il grido di chi non smette di ripetere che la guerra è una «sciagura per tutti».
Elena Beljakova, Come abbiamo potuto? Un grido dalla Russia, in “La Nuova Europa”, 27 maggio 2022.
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